venerdì 22 giugno 2012

Il dio e il nulla

Ecco, nascendo, ci siamo affacciati a qualcosa, immersi in altro da noi, e, aperti gli occhi, da allora non sappiamo del nulla, così come di molte cose, che per congetture! Noi sperimentiamo, e talora amara, l’assenza e del nulla vaga idea abbiamo costruita nella mente, come vaghe quella del bello, del buono, del bene, assoluti. E ci hanno assicurato, ecco l’universo si espande, oltre, nel nulla, ma nel nulla fisico aggiungo. Cioè privo di materia e delle influenze che essa genera. Perciò è pur un qualcosa, che le accolga, altrimenti pensare dovrei che la materia ultima ai confini del niente, crei “ex nihilo”, cioè da esso, lo spazio in cui espandersi e il tempo necessario ad occuparlo, ché prima che essa vi giunga non c’erano. Cioè, non accade come se le galassie siano disegnate su un palloncino che venga gonfiato in una stanza-spazio di accoglimento, questo semplicemente non c’è. E fuori di questa illustrazione classica, dirò che c’è sì oltre l’universo, il nulla fisico di spazio, tempo e contenuti, ma con la proprietà di permetterli all’arrivo di quelle galassie lontanissime dalla nostra, che sempre più veloci gli vanno incontro. Noi, che siamo credenti, sciogliamo il mistero, con l’immagine che il metafisico, che è il dio innominabile nella realtà sua impensabile, corra incontro, compenetri, spiritualizzi il mondo, l’irrori d’amore. E tangibilmente il cristo e la madre sua vi sono giunti e vi permangono, è la fede! Aggiungo, poiché questa realtà supporta il male, ecco esso corre ad estinguersi nell’oceano del bene, che gli va incontro! Sì, ho questa personale mistica visione del tutto. Ma posso ripartire dalla constatazione che il nulla assoluto non c’è per me, io non so concepirlo! Allora il dire che tutti finiranno nel nulla è un’affermazione che, penso, occorrerebbe riformulare. Diciamo più onestamente che ci sarà, e solo temporaneamente, chi sperimenterà la nostra assenza. E come per me c’è stata persona che sognato m’aveva prima d’avermi, così, dolce compagna, mi riavrai almeno nel ricordo e visiterò i tuoi sogni! Ma forse per te rimarrò perfino tra le cose. Quelle del nostro quotidiano. E quando alla sera la brezza farà stormire i tuoi alberi, forse te ne verrà un brivido, ché come il vento carezzerà i tuoi capelli, lo assocerai al mio respiro tra essi in notti d’amore! Ma se queste immagini mi solleticano il cuore e forse son da te piaciute, come ora la carezza concreta che ti faccio,le dita tra i capelli, permesse sono solo dalla mia fede, e so che lo stare qui, l’averti incontrata e amata, sia stato il mio solo scopo e lo è...,e di più? Ma c’è di più qui? Ma torniamo, un po’ solo, al nulla assoluto, come problema. Ti ho detto che constatabili sono solo le assenze. Sì, qualcuno negli affetti, nell’amicizia, nel lavoro sempre sperimenterà una privazione. Ma la totalità di tutte le assenze, quelle già state in un tempo e in uno spazio ora mutati o svaniti, quelle senza nemmeno più testimoni, ma poveri nomi diventati, sebbene taluni rimasti nobili per le opere loro, ma che non è possibile nemmeno più associare a una morfologia, fattezze smarrite, foto perdute o per i personaggi famosi del passato lontano, solo ritratti fantastici, come le immagini dei santi e delle madonne, tante e diverse e talora neanche belle, nelle chiese nostre e perfino del figlio divino che commuovere vorrebbero i pii, e tutte le assenze che vi saranno qui o là a far pianto e rimpianto dei rimasti, dico tutte le possibili, compresi, gli animali, le piante,i fiori che hanno pur fatto incanto o semplicemente sono stati, e genericamente ciò che natura “ ad altri sensi destina”, fanno il nulla? Cioè tutte le nullità locali e temporali, fanno la nullità che par nostro destino comune? Ma ciò che resta pur caratterizzato da tutte le parcellizzazioni storiche e locali, non è il nulla, almeno non quello che definire vorrei. Lo stesso parlando di bene, bello, male, non posso onestamente definirli dalle loro espressioni, realizzazioni, qui e là nello spazio e nel tempo, valutazioni anche tutte opinabili, dipendenti dal momento storico e dal luogo e da chi le valuti coi preconcetti suoi e talora pregiudizi. Allora tutti i giudizi hanno un’incertezza aggiunta, la valutazione essendo solo personale. E la realtà che nessuno nega, che è? E’ l’insieme degli esistenti, cioè di ciò che ora vi è al mondo? Tutti per effetto di cause già state e che a loro volta producono effetti in potenzialità o in atto e preparano il mondo che, appena dopo, sarà. In verità posso dire solo che tutto è iniziato. Una totalità di cose, eventi, e altri ne originano e si succedono continuamente in una teoria che pare non aver fine. Ma posso affermare che la realtà è in quanto è? Essa è transeunte, dipende dal giudicante, che vi si include qui e ora, dipende dalle leggi provvisorie che ne permettano una valutazione più fine, propria degli esperti nei vari settori della scienza, o di quelli che ne fanno teorie globali atte a spiegarla tutta. Ma non è in quanto è! Potremmo postularla così, ma allora perché dovremmo essere più credibili, già per noi stessi, se invece dicessimo che c’è chi è, e lo chiamiamo il dio, e che l’altro ne deriva “ex nihilo”? E così anche resterebbe definito il nulla assoluto, come potenzialità da cui trarre, cacciar fuori qualcosa, ma per il dio solo! Qualcuno tentato sarebbe di rispondere perché le cose del mondo le tocchiamo, vediamo, le percepiamo, sono ora e qui, non chi sa se e dove, sì, poi e forse, per chi vuol crederci! Ma altri obbietterebbe che tutto è relativo, è interpretato grossolanamente o in modo assai fine, ma che in fondo solo riteniamo vero, cioè facente la realtà, la nostra interpretazione, quella grossolana immediata dei sensi, la sofisticata per le formule e il principi della scienza, contingente pur essa, però. Cioè noi non possiamo dire che la realtà è in modo assoluto, ma che vi è, ed è ora quale si manifesta alla percezione nostra grossolana,o sofisticata, ed è bella, o brutta, cattiva, o buona o cos’altro, ma in modo opinabile e contingente. E che ciò che vi è, o sarà ancora, o muterà in altro, in nuovo, o forse in già stato, già visto, toccato da altri che ce l’hanno descritto. Vi sarà ancora il tutto in nuova forma più evoluta o rimasta qual’è o regredita, chissà! Ma vi sarà! Quanto ancora? Finché lo spazio e il tempo ci saranno, separati da chi è in quanto è, il dio. E altro non so. Servirebbe se ne sapesse di più questo piccolo uomo, a sé e al suo piccolo amore? Forse! Ma meglio avrei speso il mio tempo nell’amare i due piccoli miei fiori, o a guardarli, come ora faccio nella tenerezza, il loro lasciarsi cullare a questa brezza al crepuscolo, e ridere gioia per me solo! “Prior, alter flos, in corde meo estote! Sic, hinc ego videbo vos quasi flores eius”!

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