giovedì 10 maggio 2012

Felicità di qui

Bello della vita il tempo primo, così un po’ anche per me fu. Le cose tutte vi sono nuove, quelle tali qui ora solo in tempo di primavera per un animo sereno un po’, che un po’ tempo v’abbia per soffermarsi e io qui sono, in un incanto. Eppoi anche grandi per chi piccolo è, come un po’ rimarranno nelle epoche successive, ma solo nei sogni, che sfuggir vogliano a una realtà assai diversa di quella prefigurata, grossa, prosaica! In quel tempo, io ero forse felice, e non sapevo che e quanto lo fossi, tutto sembrava garantito, a portata, se non di mano, di sogno appunto. E sognare qualcosa è già averla un po’ o averla tutta, cosa possibile solo nel tempo dell’ingenuità. Allora c’era ben qualcuno che si prendeva cura di me,ne aveva “sollecitudo”,sì, protezione per la mia psicologia fragile, in formazione. Erano occhi dolci e teneri che poi avrei faticato a ritrovare nelle epoche più mature, nei sogni perfino, quando la realtà il volto suo vero avrebbe mostrato fino alla nausea, cresciuto abbastanza per tristemente apprezzarne opacità e miseria diffuse. La malattia e la morte fino ad allora mi avrebbero sfiorato, preso invece mio fratello maggiore e compagno di tanti giochi e spensierati, non perché io speciale, più forte, ma più fortunato di lui e tanti, spesso inghiottiti dalla banalità del buio sempre presente, appena oltre un po’, appena un po’ più la nostra fragilità, in quel tempo di stenti che seguì alla parentesi triste della guerra. E pur venne un tempo diverso, in cui presi coscienza che la felicità possibile è una felicità minore, non la grande immaginata bambino o adolescente, piccole cose disponibili e raggiungibili, poche parole di bene tra tantissime amare. E gli occhi, il sorriso di donna, i primi da me visti e che tanto accompagnato mi avevano nei primi passi e nelle prime emozioni, dove? Anch’essi nel buio, nel nulla! Vivi solo nel ricordo, come gli sguardi furtivi della piccola dirimpettaia di un’estate, che qualcuno aveva portato lontano a dispetto del mio disappunto. Sì, presto, troppo presto qualcuno mi aveva ricordato che luogo più non v’era per i sogni, tempo era venuto per i pantaloni lunghi! Ecco allora la vita reale con le tante smentite. Ecco il tempo in cui il desiderio di felicità, in un animo già provato, diviene valore di cui esser gelosi perfino, da nascondere, preservare dalla grossolanità, anzi accrescere fino a farlo diventare volontà etica da opporre ai tanti aspetti negativi dell’esistenza, che sì va accettata qual’è, nella durezza che ha, ma diritto non dovrebbe avere di travolgerci. Mai! E’ il tempo in cui felicità significa non reprimere la vitalità interiore ereditata sì dall’infanzia dei miti e dei sogni, ma che pur è positività capace di veder qualcosa di bello e di degno tra brutture tante e laide, e volgarità che il cinismo del mondo degli adulti, in cui piede abbiamo ormai messo, perfino giustifica. Eppure proprio allora palpiterà per noi un cuore e così vero mi accadde. Era nato per me e non lo sapevo! Era accaduto come se dalla terra nera spuntato un fiore bianco, occhieggiasse per me solo. E mi chiedevo, da dove mai può prendere il biancore suo un fiorellino di campo? E’ nera la terra! Questo meravigliarmi mi accadeva proprio quando tramontata mi pareva proprio l’epoca delle meraviglie e dei miti, fardello di prima giovinezza. Quando mi pareva ben salda la convinzione che il mondo è pur fatto di concretezze spiacevoli, e non vi hanno luogo gli ideali, evanescenti come rugiada al primo sole. Quando amaramente mi accorsi che assai spesso la disponibilità e benevolenza altrui hanno un prezzo, non sono affatto valori gratuiti che vogliono farsi apprezzare per aver giusta considerazione e rispetto, come da animo buono e nobile provengano. Mi sono pur dovuto accorgere che nell’umanità, che ci ospita ci sono molti venali interessi, pochi spiriti e tanti corpi! Ma ecco era venuto un tu a illudermi di felicità. Era vero fiorellino di campo o così avevo voluto vederlo? Chissà! Ma tanta era diventata la sconfessione della speranza, intristita in troppe sconfitte, nella non libertà, quella che oggi sempre più ha il volto amarissimo della non dignità della mancanza di lavoro, da giustificare ogni abbaglio! Eppoi se oggi molto più si è costretti alla passività, col rischio di lasciarsi andare nel modo buio di certa gioventù, che lenta si suicida, sì, in laidi fangai dov’è in un gregge, eppure è sola, anche nel mio tempo possibile sempre era lo smarrimento estremo. E io l’avevo rischiato! Ma, pur nel buio, un barlume, ecco l’amore di donna, con la sua concretezza e tangibilità, essenziale, chiaro nella risposta, tutto e subito o nulla, non più, forse, se, poi degli amori infantili e di prima gioventù...Sì, mi aveva raggiunto! Eppure tutto continuava a vivermi intorno imperfetto e carente, ma ero in una condizione nuova, che suggeriva perfino di sforzarmi per renderlo più a misura d’uomo, nostra appunto, due diventati. Sì, pur si vive nel mondo di sempre, non certezze, carenze tante e i diritti calpestati, precarietà. E così era per me. Ma ecco un piccolo amore, una speranza per cui sforzarsi, vivere, volerlo fortemente almeno. Avere un altro accanto significa restare nella concretezza del possibile, anzi lottare per ampliarne gli argini, spostarne i limiti, contrastare ciò che tenta di sopprimere o restringere, condizionare la propria libertà, perché è proprio quella che l’altro vuole condividere e fare del nostro piccolo, anche il suo spazio vitale. Questa volontà nuova che ci vuol vivere accanto, ci obbliga a una visione matura, responsabile delle cose, restare nel tempo storico di vita senza fughe indietro o troppo in avanti, e smorzare quelle contraddizioni, retaggio della prima epoca di vita, spesso di paure tante e poca gioia, inutile fardello se portate ancora come soma a complicare stupidamente l’oggi. Insomma ecco il miracolo del tu che vuol essere per noi proprio. E questo m’accadde. La vedevo bella questa donna, buona, una tutta finalmente per me solo. Meritavo tanto? Chissà! Era un fiorellino davvero, aveva ed ha psicologia diversa, che le veniva e viene dalla diversa biologia, diverso guardare e attendersi dal mondo, diversa sensibilità, ed è una fortuna che sia stato così per uno si stimava ben poco all’epoca lontana dei primi approcci. E’ una che vedeva un qualcosa di degno nella povertà dell’animo mio, l’apprezzava, l’ha voluto per sé. Ecco l’amore, il mio. E’ qui ancora tutta per me, è la felicità, la mia piccola felicità! E non è forse abbastanza, qui nella terra del disprezzo immeritato e dell’odio perfino? E mi chiedo, occorre postulare veramente un tempo e un luogo di solo amore? Amore qui povero, lì magnificato, qui spesso contrastato, lì benedetto, qui talvolta respinto, lì che non possa non essere ricambiato. Forse...A me basta sentire il mio piccolo bene protetto. Sì, ci sono altri occhi oltre gli umani della piccola donna mia in questo buio, spero che molti altri li avvertano per sé e per il bene che accanto vive loro. Dicono anch’essi un amore, mistero che viene, da dove, da quando? Oltre il tempo e lo spazio! Occhi che mi rassicurano che questo sogno che tuttora viviamo s’eternerà, passerà pur oltre, per la cruna stretta! E che dono c’è di più grande? Sono tornati gli occhi di madre, vedono, sorridono, sono ancora per me! C’è qui un candore da proteggere, quello d’un piccolo amore!

Nessun commento:

Posta un commento