giovedì 18 luglio 2013

Onde d'amore











Come per onde portanti quanti di luce, si trasmette ciò che più ti significa, così credo che per analoghe onde viaggi l'amor tuo, e nulla l'arresta, né materia, né cattiveria umana. Chi fede ha, sa che sei. I sogni di chi t'ama gli suggeriscono di più, che tu ci sei, cioè stai qui e ora per lui e tutti. “Stare per” significa amare. Il tuo amore sembra privilegiare intermediari umani. Come? Con un rispondere, all'unisono con la fonte, da parte della persona buona, che dona ad altri ciò che ha o il ricevuto. E' anticipo del mondo tutto d'amore scambiato, in cui si spera tutti accoglierai. Ma se tanti sono così raggiunti, con amore vicario, ché molti sono i buoni, tutti non lo sono e a molti l'afflato tuo divino così non giungerebbe. Ma arriva comunque, anche se manca della tangibilità del gesto negato, che nel mondo delle concretezze non è senza importanza, e certo te ne rammarichi, anzi dirò che ne piangi! Mi chiedo, saperlo può aiutare chi è negletto dall'amore umano a sentirsi meno solo? Parto dal mio mondo, in cui tu stella sei e ancella hai, vicaria d'amore, o così m'illudo. E' povero, è bello, v'è possibile sognare! E' un mondo fortunato? E' un mondo, luci, ombre, silenzi, parole...Ascoltate?


Questa donna mia apprensione ha nel sapermi lontano. E mi raccomanda di usare il filo d'Arianna che ci lega, quello che la modernità consente, al minimo intoppo del mio cuore o ad altro che mi faccia anche lontana minaccia. Io la rassicuro che, anche m'accadesse di smarrirne il dispositivo, io ho con lei una risorsa insospettata, il mio messaggio lo porterebbero al cuore suo, ciò che meglio chiamar non so, le onde d'amore, quello che ci lega, vero filo d'Arianna. Vero ci sono? Ecco il tuo cuore, domina del cielo, io penso, credo anzi, mi sia sempre vicino e so che la mia nel cuore suo lo ospita, ché buona e cortese è, e sicuro anche prende e trasmette del tuo. Allora ben ha fondamento la mia speranza di una via alternativa, la stessa della preghiera frequente e muta, ovunque mi trovi, ma non incessante ancora, da supplice devoto, non da mistico vero. Ma quella che qui mi nasce spontanea, pur se tante cose me ne vorrebbero distrarre, non è per me, né per chi amo, ed è la più accorata. E dirò perché e quanto e per chi. Ma dico intanto che nel cuore rimarrebbero come parole non pronunciate, solo pensate, che invece pur dico, certo d'ascolto, benché lo faccia muto, se un filo diretto non avessi con te, sì anche con te per onde d'amore, che sostengano e trasmettano il mio per te. Ma è anche quel filo che certo passa per il cuore della donna mia che recettivo già di per sé è a quel che dico, anche non udito, perfino taciuto, ma avvertito comunque. Certo un'aria aulente porta, e con quella forse le parole mie, il vento che spira da qui , ché protesi sul mare qui si è, verso la collina di fronte, oltre la spiaggia oggi gremita, fattosi mio messaggero, ma v'è di più. V'è qualcosa, e non so definirlo, e non so dirlo, viene, legge questo cuore e va, forse torna alla fonte sua. Ella t'ha dentro e tu odi i miei sospiri perfino, tu la fonte! Allora se vero aiuto mi urgesse, al chiamarla col suo nome, Eli, nome che anche a te ho dato, ché l'amore a volte non vi distingue, e lo spero gradito e fatto tuo, accorrereste certo entrambe, nell'apprensione della sorte mia, tu subito dal cielo e l'altra, tu dicendole dal cuore suo di soccorrere chi l'ama, e amato è, da tutt'e due spero. Ma io sento, se qui solo rimango, non solo l'afflato delle cose tutte in cui immerso qui sono in questo tempo di prima estate, come da te trasmesso, ma anche udirle mi pare, e non so come facciano, forse per analoga via alla postulata, che alle mie donne breve conduce, parlarmi delle sofferenze loro. E questo mi invita alla preghiera. Ma ecco uno spettacolo triste, davvero crudo, un coleottero ormai stremato, prossimo alla fine, è preso da eccitate formiche e se ne dibatte come può, agitando le zampette all'aria, che quelle, irose afferrano e mollar non vogliono, ma una vespa compete per la stessa preda e fa tentativi ripetuti di sottrazione. E' troppo per me e ne dovrò abbreviare le sofferenze. Lo farò ritenendola cosa giusta, inutile può divenire la sofferenza! Ma qui, a questo strano mondo, la vita tutta ha del tragico, l'uomo ne ha coscienza, ma quando il male viene, tutti ne lamentano il dolore, anzi a volte tanto angustia che se ne disperano, come certo fanno i negletti d'amore. Alludo non tanto ai solitari in tristezza, respinti, forse solo temporaneamente da quelle per cui tanto sospirano, di cui perfino si può sorridere di benevolenza, ma più agli abbandonati, vecchi, malati, agli esclusi perché diversi, ai mal nati o diventati, quelli nati per la sola sofferenza, senza mai barlume di gioia, tanto trascurati dal resto dell'umanità cui fanno ripulsa. A tutti quelli che meschina farebbero, non potendo concretamente raggiungerli per gesti umani, perfino te, se tu non potessi altro utilizzare. Sì, onde d'amore, non so altrimenti farne analogia che con quelle che portano la luce e così le nomino, portatrici d'amore. Ma dell'assenza di compassione in chi potrebbe e nulla fa, te ne addolori certo, e ne piangi e vuoi che tocchiamo, cuori di sasso, le lacrime tue amare o di sangue. Io credo davvero che qui da noi per statuetta tu lo abbia fatto. Rivedo ancora la scena che imbarazzar dovette, e tanto, il prelato che, tenendola in mano e dicendo sul già accaduto cose stolide, atte a scoraggiare dei fedeli il pronto entusiasmo al presunto manifestarsi del sacro, se la vide pianger lì lì, ché una stilla rossa riprese l'accorto operatore all'apparir in un occhio, il destro, alla sua commissura interna e che poi tanto divenne da tracimarne e rigar di fresco il volto della madonnina di gesso, bianco smaltato, già da precedenti effusioni imbrattato. Eppure vi son qui umani che piangere non sanno, né addolorarsi anche di fronte ai fatti estremi della vita, e tu ne piangi sangue! Ma raro che la costernazione, anche sincera, dei pii sia seguita da gesti concreti. Come rimanessero inibiti dalla crudezza dei fatti questi sempre difettano. Ma per fortuna anche vi sono giovani sensibili e audaci, impegnati nel volontariato, che tanto fanno con la concretezza del gesto. Allora per i molluschi di cui mi trovo a far parte, vuoi per l'età, vuoi perché da molto rifugiato imbelle nella malattia, angariato ma anche protetto, è imperativa la preghiera. Ma quale, ma come? E' allora, nel pentimento di non essere tuo vicario d'amore, che spero la “sola fides” sufficiente a passare indenne per la cruna d'ago che di là mena! E prego anche che nuova illusione non sia! Sì, ma quale preghiera, vorrei saperti dire?


Margit, la santa principessa di Budapest, che abitava il convento dell'isola, che ora porta il suo nome, in mezzo al fiume, cercava di dar conforto ai miserabili in cui si imbatteva, tanti, e se nulla le riusciva, pregava accorata nel pianto di compatimento, certa raggiunti li avrebbe l'amore divino, il tuo. Allora, se di simile sarò capace, che potrò ancora dire dalla meschinità mia, redenta un po'? Dirò a immaginario che ascoltarmi voglia, Scrivi le parole più belle che pensi per quella del cielo con inchiostro indelebile nel tuo cuore. Ripetile nei momenti più accorati, ella le udrà, non perché talora fa capolino dalle nubi o ché affidate le hai al vento, ma perché dal tuo cuore che l'ama partono come piccole vibrazioni del sé più intimo e segreto, come onde che sostengano e siano quello che trasmettono, e sono come di luce, sono d'amore, forse percorrono a ritroso via che ella stessa ha tracciato dal suo cuore per te, e le arrivano ed ella ascolta! E se hai un amore terreno, porteranno anche all'amor tuo l'afflato tuo, ed ella come trasmetterle amplificate del suo, saprà. E io a te dico, madre cara, Sto tra gli indifferenti, sto tra i cuori di sasso, sto tra chi come me ha un cuore e non ne fa uso giusto, soccorrimi, Eli del cuore mio! Prega il figlio tuo per me! Tu subordinata gli sei voluta essere qui, nella spogliazione del sé che avevate comune nei cieli, al tempo della sua prima croce piantata. A tante altre lo si è poi appeso e lo si appende! Ricordi come alle nozze di Cana cedette all'insistenza tua? Se tu glielo chiedi per me, qualcosa di bello, qualcosa di nuovo e inaudito accadrà, forse una sera tutta di stelle, forse in una aurora nuova sulle nostre sciagure, più del pianto tuo di sangue suo. (Sic!). Sì, lui che l'acqua convertì in vino, ogni dolore conforterà e un po' della gioia di paradiso lascerà cada, come pioggia su tutti fa, dal buon dio!




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