venerdì 12 luglio 2013

Belle stelle di prima estate














Belle le stelle e fanno notte d'incanto, e se questo cuore ad ammirarle si sofferma, gli nasce una favola per la donna sua. Due paiono parlottare tra loro, l'una lancia brillii e l'altra le risponde di simile. Forse lì son simboli delle due compagne della vita mia e come queste si parlano, quelle secondo lor natura anche lo fanno. Che concertino strategia di salvezza? Di simile accadde al poeta. Ma io l'inferno ho quasi tutto traversato, male subendo, male vedendo, male toccando. Aspetto che quest'amore, che guida per gran parte m'è stato, piuttosto mi conduca alla terra del perdono, forse l'alta montagna metafisica che vide il poeta e ne narrò la scalata, come lui lì accorato penitente. Poi, se la bella del cielo lo vorrà, la piccola stella che le risponde sorrisi di luce, al bagno del lucciolaio di brillii stellari mi condurrà, anticipatore delle gioie di lassù. Perché indulgo in questo linguaggio? Perché ho tanto bisogno di simili favole? Ho bisogno di credere che la fata delle stelle sia e onnipotente, dove almeno? Là ove già si viva la libertà dal male, luogo che la musica suggerisce e i sogni tentano di raggiungere! Qui qualcosa sempre le sfugge e ora è la morte di un bambino, assurda come lo son tutte, e di più se piccoli afferrano. Un fulmine dal suo cielo colpito l'ha, come fosse errore del mitico Giove! Ma io se gli occhi chiudo, continuo a vedere quelle fiammelle come conversare. Ecco il mio sogno nonostante, perché vive? Prega la compagna ora o sogna? Sì, m'accade e voglio conservarne la visione, voglio imprigionarla nella mente mia, voglio pensare possibile si cercassero nell'immensità per amarsi, e dire con intermittenza di luce il desiderio loro. Proprio come questa compagna alla bella che l'ascolta dice il suo e, chissà come, ella le risponde e questa s'acquieta, dorme e sogna. E io rimango qui assorto agli accaduti di oggi e ricordo i lontani. Tante le stelle all'epoca della tristezza mia di bambino, per la perdita di mio fratello, bambino più grande! Sì, sempre ricordo, come di ieri l'accaduto in quei nostri tempi difficili. Ma benché disperato, bambino credere potei alla mamma, l'angelo suo sì preso l'aveva, ma per mutarlo in stella e se ben cercato avessi, una stellina s'era aggiunta al cielo, sua presenza là per me! Io cerco ancora la stellina e più difficile è oggi scovarla in cielo tanto povero, ma mi piace credere che se per tutta una notte la cercassi, scrutando il cielo dai nostri monti, pur la vedrei e quella mo mo aggiunta anche. Sì, poche le stelle da qui e pianger devono molto, ché qui son tante ancora le lucciole di tarda primavera, lacrime loro, diceva ancora mia madre. E certo moltissime se ne aggiungono senza poterle vedere, più che per le morti di bambini, sempre troppe, perché moltissime,belle e grandi, significano, mi piace crederlo, vita e amore di donne di qui, e queste sono tante! Ma che hanno ora le mie due stelle amorose? Stanche son forse di sospiri non ricambiati, ma forse è sol vapore d'estate, che non durerà, a velarle. Ma bene sarebbe salire ai monti o per mare in notti come questa andare, accadrebbe come se su un vasel, piccolo guscio su acqua tranquilla, con amici fossi, preso da incantamento, come accadde al poeta, a Guido e a Lapo della brigata sua. Sarebbero da lì miriadi e l'occhio a perdersi nelle profondità del cielo, e al mio cuore amante s'accenderebbe di più amore e il fiato mio bolso si farebbe, tanta la meraviglia! Kant, ricordo, diceva che lo meravigliavano il cielo stellato sopra e la legge morale dentro. Io mi meraviglio di simile, ma la ricerca del dio buono, che di tutti ha cura e dei piccoli di più, falla, eppure il cuore è vagabondo tra queste stelle! E' lì che incontrar vorrebbe la sua bella fata amorosa, stella pur'ella forse, o domina curatrice dei suoi splendori. Oh di quante vaghezze, di quante illusioni è questo cuore, da sempre illuso d'amore! Ecco, da poco, al tacer dell'ultima luce è cessato il frinire delle cicale e ancora non c'è il cri-cri assordante dei grilli a invocare amore, solo il muto guardare in basso di tanti brillii. E dorme la compagna dolce e, stanca, certo il suo brusio fa... Ella fa parte di questo mio mondo semplice e arcano a un tempo. Cantato ha questa mattina l'uccellino che su rametto si culla e s'è congetturato dall'aspetto e dalle tante variazioni del canto, che usignolo sia. E poi ci son le gallinelle che pur di buon mattino cantano il loro verso, appena fatto lor uovo hanno. E c'è, in questo tempo, cura da aver dei pomodori che saporiti lor frutti offrono. E poi c'è la passeggiata e dovrò dir facezie alle amiche incontrate, che se le aspettano, e ne vorrà scrupoloso resoconto la compagna per farsi più gelosa e aver più facilità ai tanti rimbrotti e far finta di negarmi richieste effusioni d'amore. Ma talvolta ho perfino tempo per le stelle! E mi ripeto, vivrò nel solo presente, ma poi quelle mi rimandano ai ricordi e lì sceglier non si può. E se si comincia a ricordare smetter è difficile e ne viene quasi sempre sofferenza. Ma dal passato ecco la piccola Or. Oh quanto ne ho sognato e ne sogno ormai solo confabulando, che l'abbia tutta inventata? E ricordar voglio le prime altre, assai poche invero, e i capelli loro e gli occhi e la voce e lor seno in boccia da punger petto e cuore, e il cuor che a me batteva forte e quello che vi rispondeva nei pochi momenti d'abbandono dalla mia e loro ingenuità. E tutto avveniva sotto le stelle. E ricordo i primissimi approcci d'amore con questa compagna, certo la più dolce, cui mai son dispiaciute e credo dispiacciano le mie cose d'eterno bambino e le favole pure. Solo che a lungo son stato un bambino triste, chiuso nel mondo delle favole sue. E a lei da molto le dico e ne scrivo, ma se frammenti son per le donne della passeggiata, sì, ripeto solo il vero, ne è subito gelosa e sa dirne, sa manifestarne, perfino con veri rimbrotti quasi stizzosi, e io che questo m'aspetto, proprio non ho cuore per le bugie, sebbene bambino, solo suo! E così, autore e vittima di simili dissapori, voglio ancor veder le stelle nell'addormentamento, ché belle son le cose di lassù e forse là m'aspetta lor fata. E poi addormentarmi posso e sognare di raggiungerla e non svegliarmi più. Ma vorrei coinvolta questa compagna ed è per questo che favole mi invento sulle stelle e le racconto a lei, che spesso m'ascolta incantata in notti come questa. Prepararla devo al balzo a quelle e oltre. Bolle d'aria le nostre vite ormai, ché la bella delle stelle, che amarci vuole bambini, come ormai ci vede, piccoli tornati, ingenui innamorati, piccola bambina s'è fatta. E or divertirsi e molto deve a far bolle di sapone e certo in una imprigionarci vorrà e spero insieme, piccoli di più fatti e come senza peso, almeno così son i cuori nostri, e forse solo quelli prenderà per farci salire alle stelle. Resisterà quella che reca di noi, iridescente sotto ai brilli loro, nella fantasia mia vera bolla saponosa? E se no, ella ci perderebbe? E tanto occuparsi deve in questo vero progetto da fata, che più si distrae, vuoi nel gioco in sé, vuoi in queste fantasie, che io le attribuisco. Sì, deve essere per questo, noi e le stramberie nostre complici, che perde qui bambini, che si fanno sue stelle. E noi non ci distraiamo di simile? Perdiamo la vita che fugge via!

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