martedì 5 febbraio 2013

Cronaca di una mattinata












Oggi giornata è stata di molti incontri e alcuni qualcosa di te suggerir hanno voluto. Dapprima le tre giovani amiche, che vengono alla passeggiata a condurre i cani loro e con le quali dolci son sempre i conversari. Poi una gattina leziosa, che mi ha riatteso nello stesso posto di ieri, ma sol oggi non più s'è nascosta timida tra l'erba, e i miei approcci cauti hanno avuto successo, ché s'è lasciata accarezzare. Poi ovunque mi ha seguito, talvolta intralciando i già incerti passi miei per strofinarsi alla mie gambe. E io, pede cata pede, perdona questo mio greicismo, condotta l'ho fin su alla comunità gattaria del buon Orazio, sotto proprio al mausoleo.







Lì distratta s'è tra tanti incontri e a me più non ha pensato. E poi lo sguardo s'è soffermato alle tante cose belle di lì. Così accorto mi sono che il mare ad orto era tutto un lago di luce. Il brillio finiva non dove all'orizzonte il cielo lo bacia, ma sulla estrema isola del nostro golfo, che come montagna dal mare par che sorga. Poi fin giù allo stradello che alla antica polveriera inferiore conduce, son sceso e mi sono impigrito in un bagno di sole. Ma presto un falco ha rotto la solitudine mia e i miei pensieri vaghi. S'è appollaiato vicinissimo a scrutarmi severo, ma dopo breve indugio, via è volato. Ne sono rimasto affascinato e turbato, e anche intimorito un po', ché pareva l'anima dentro leggermi volesse. Tutto è stato come fugace contatto con chi par voglia dirti e vi rinuncia, lasciandoti dubbioso. E come se quello fosse stato invito a chiedermi dall'onestà mia, nascondi qualcosa ancora?, io, che tutto t'ho detto, come bambino che dall'ingenuità sua svela, per scrupolo di omettere l'importante, perfino l'insignificante al suo confessore, riconfessato ho tutta la mia vita al figlio tuo. E gli occhi subito mi si son velati e poi mi s'è rigato il viso e perdono ancora gli ho chiesto, non per il poco coraggio, ma per l'assenza di quella ostinata intraprendenza, che solo la santità o la mancanza di scrupoli dell'uomo cattivo, sanno avere, e che conduce spesso al successo. E ricordar le cause della mia poca fortuna, ingenuità, fiducia mal riposta, dabbenaggine, che la mia meta pur giusta, hanno compromesso, impedendo che egli con me fosse vincente, mi ha rattristato, scoprendomi così tante carenze. Sì, madre, mai santo né uomo che dalla cattiveria si volga al bene, sono stato, ed è pur vero che la bontà sua per me ha dovuto soffrire, ancora perdendo. Oh lo fossi stato! O madre, se sapessi meglio dirti, meglio spiegarti, lo farei, ma non so farlo, allora ti prego dall'ira sua “a te sim defensus in die iudicii”. Ma pur forte l'amarezza dei miei ricordi, vividi e opprimenti, vincer non ha potuto la dolcezza che questa natura ha voluto trasmettermi e l'ora trascorrer non voleva, ché il tempo pure fermato s'era a tanto incanto! E io, rivedendo ora questa mattinata, che con l'incontro con quella icona tua che sempre sospira s'è ben conclusa, tanto mi riprende dolcezza, che supplice ancor ti sono. Fa che quanto ancor mi viva, io stia con questo mio piccolo solo amore tra queste cose belle e vi muoia, gli occhi suoi nei tuoi trasmutando!

Nessun commento:

Posta un commento