sabato 30 maggio 2015

La speranza invitta



Parlo qui di due tipi possibili di speranza. Una a risposta che la fede fa certa, un’altra incerta nella risposta nonostante la fede. Io posso riporre nel dio la mia speranza, come mio ultimo rifugio in una vita tribolata. È come dire, il dio misericordioso sostiene la mia speranza di vita finalmente felice in lui. Ma, mi chiedo, spero nel sostegno da lui comunque, indipendentemente dalla sostanza delle cose desiderate, che mi auguro o pretendo attuabili oggi, non nella vita futura? Credo di no, piuttosto che quel qualcuno che credo m’ascolti, sostenga le mie giuste, ma generiche aspirazioni d’uomo di fede, che io davvero non ho bisogno di precisare. Già le sa per definizione, come colui che ascolta e accoglie, direi, se richieste da credente, che ne sappia linguaggio e limiti. E rimango in una speranza fiduciosa e tranquilla, nella preghiera formale soprattutto, perché so per certo che quando lui vorrà sarò nel suo luogo d’amore. Ma io posso trovarmi in una condizione particolare, pressante, di rovina o malattia per me o che minaccino persona cara. Allora considerata la legittimità, la necessità, l’urgenza di cose essenziali alla mia sopravvivenza o dell’altro, che farò? Non griderò forse per me o per l’altro assai caro e per chi amo, anch’ella nella miseria caduta dopo il mio turbamento, il mio assillo al dio? Ecco, ho implorato, ho pianto, pregando, rotto ogni formalismo, incessante fino allo stremo, ora ho occhi rinsecchiti e voce roca. Attendo trepidante, ma so anche che può non esserci risposta! Un dio che sfugge e fugge di fronte al mio dolore, direi allora nella amara delusione, amare le mie lacrime! E m’è accaduto bambino! Ecco, ora ricordo anche giorni assai diversi, rinfrancato, mi vedo in cammino tranquillo. Sì, sono tra queste cose belle di primavera, incanto d’erbe novelle, fiori e canto d’uccelletti. Ma è davvero così, un spettacolo sciorinato sotto a questo caldo sole or ora per il mio diletto dal buon dio? Ma non sono io stesso a giudicarlo godibile, perché così me lo fa vedere cuore sereno al momento e avido di cose nuove, che belle trova, forse dopo lunga privazione? Sì, non è piuttosto che io stesso dia al tutto un cuore palpitante, che al mio risponda, o forse il mio estenda, nelle aspettative e negli apprezzamenti suoi, fino a includervi ciò che ora fa la mia meraviglia? E allora, mi chiedo, non v’è di simile in questa mia preghiera accorata, cui urge una risposta? Sì, non la vorrei forse ascoltata con priorità dalla mia angoscia? Ecco che mi capita, a un certo punto avverto un che di imprecisato, ma che si rafforza fino a potermi dire, So che c’è un qualcuno nel buio che mi circonda! Sta lì per me, potrebbe, mi chiedo, di più del mero ascolto? Finisco col crederlo. È forse il dio buono che provvederà sollecito a ridarmi luce e fiducia, scemata un po’ la pena? Ma altro non v’è che questo mio sentire confuso in tanto buio in cui compare poco più di un fantasma benevolo, che io chiamo in modo cattivante, invoco fiducioso, ma che certo m’illudo intenda la mia speranza e ne concretizzi le particolari affannose richieste… Forse è davvero così, soli e disperati siamo in un mondo indifferente! Ma perché allora questo moto del sé, dell’anima, questo che da dentro mi viene e non trattengo, ma che fuori uscito, non si smorza, non cede all’evidenza ed è cosa che degradare non posso a mera illusione, dal momento che risposta non ha, non può avere? Sì, calpestata, derisa, da una sorte ria, riprende vigore a dispetto del vissuto. Come è davvero strano questo che di dentro, non vi resta, non teme di venir disilluso! È ora fuori e fa come la luce che nel vuoto sostiene le onde sue, quanti, stille che così viaggiano dalla sorgente loro. E non ho vuoto io tutt’intorno, di comprensione, di aiuto, di parole buone, d’amore? E allora che fa la mia speranza? Va in questo vuoto che mi fa tutt’intorno l’indifferenza umana tanto diffusa e se stessa sostiene! E grida, grida le sue ragioni al dio distratto o troppo lontano. E se lui non è da nessuna parte, o se lo star qui lo ha reso disperato, quanto e più di me, nel non potere che amore impotente, come un cristo perennemente in croce, ecco lui è allora la mia speranza invitta!

"In me omnis spes vitae et virtutis" dice di sé Maria. Ella sempre sperò nel figlio, che l'amò e l'ama tanto da restare nella sua stessa carne per sempre!

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