venerdì 9 agosto 2013

Perché trattieni l'amore?




Imperioso alla mia età il desiderio di pace. Problematica è restata la realtà e continua a presentarsi nella crudezza sua, ma ora anche come monito che invita all'indulgenza. Lecito non è mai divenir giudice degli altri e nulla giustifica esserlo di se stessi, ché se poche sono le motivazioni apparenti di un comportamento, molte celate rimangono, talune insinuatesi fin dall'infanzia che ci abbia visto disarmati nel troppo buio. La vita passata non si può annullare, cose fatte inopportune, altre omesse e invece dovute. Spesso greve è il ricordo d'essersi abbandonati alle pulsioni di una vita istintiva e passionale, a smanie deliranti dell'immaginazione, e aver ceduto ai suggerimenti dell'egoismo, trascurando del tutto il dovuto agli altri, e pur c'era un patto d'amore con te! Sì, rivedere la vita tutta è spesso doloroso, meglio sarebbe non sollevare il velo della dimenticanza e lo schermo che v'ha fatto il tempo. Pur certi fatti si ripresentano vividi quando debole si faccia l'interesse per l'oggi e si riduca ad essere appena la fiducia per il domani. Ecco allora invocarti il perdono, quello che sempre anticipi nell'amore.

E lo si fa per sentirti vicina e in tutto dipendenti da te, e sentirsi così più sicuri di fronte alla nebulosità di quello che viene. Sì, tutto si può far dipendere da te, vita e speranza! Eppure un vecchio anche da te può sentirsi abbandonato e se è tuo l'uomo, allora crea sconcerto il suo stato di dipendenza da ciò che gli accade o subisce fino a sentirsene schiacciato. Così nella storia assai triste di un sacerdote, assai avanti negli anni, per una malattia inesorabile! E che può essere dell'uomo comune se perfino un uomo del dio può disperarsi fino al gesto estremo? Perché, perché lasci che accada anche questo? Il famelico lupo, il male, non si interessa tanto del gregge, mira al pastore e ne prende la vita! Un povero vecchio pastore, che s'è sentito solo di fronte a troppo dolore! Ho pregato per lui, mosso da sincera pena. Ecco, torno alle bagatelle della mia vita fin qui fortunata, sebbene mai completamente esentata dal male. Eppure già torno a chiederti perché il futuro faccia tanto al vecchio tono di minaccia, aria da spavento. Paura d'esser solo di fronte a troppo dolore e morirvi come abbandonato? Nessuno temo ne sia esente. E torna la necessità di star in pace col passato e non perdere la visione di una lampada da te accesa e confidata per noi sulle rive dell'incertezza, affinché non si spenga per un'anima affannata e mai essa si faccia serva della morte! E perché si dissolva la paura di ciò che viene, tu anticipare dovresti un po' della pienezza dell'amore che ci attende. Lascia penetri con ebbrezza in cuore già pavido, ché non lo schiacci la viltà, che come a me è accaduto non solo ha attoscato la vita, ma vuole riaffacciarsi minacciosa a far di simile, pena e breccia al dolore, negli anni miei ultimi. Sarà solo la sicurezza dell'amore a poterla mettere in fuga e hai per me via facile se piccola tua vicaria accanto mi lasci. E intanto sto già tra i tribolanti, gli anticipatori di un futuro in desolazione e abbandono, quelli che temono il loro piccolo bene strappato dalla crudeltà della vita. Perché povero è davvero chi, assaporata la dolcezza, ne resta trascurato o privato quando più ne necessiterebbe! Freddo fa davvero e al cuore non avvertir più accanto calore di donna! Non sia così per me, cuor mio! Ma quand'è che l'amor tuo strariperà, chi lo trattiene? Sì, quand'è che si riverserà per ogni dove, come fa talora l'acqua che rompe dighe logore, così son quelle che questa vita brutta mette con le toppe della materialità sua su spiriti già provati, ormai vecchi, che più argine non fanno al dolore e alla paura, ed esonda gioconda a valle e fa lieti tutto dei campi, erbe, fiori, uomini?

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