venerdì 25 settembre 2015

L’amore e la preghiera

Parte prima


Noi abbiamo nel nostro cammino al bene diverse opportunità di contatto proficuo con l'altro, ma questo incontro va preparato, preventiva la preghiera. Possiamo così parlare all'altro o in vece sua, quando egli sia impedito d'esprimere il suo e conosciamo cosa l'affligge, oppure v'è particolare empatia da immaginarne le pene tanto da essere sicuri di poter anche pregare non solo pro, ma soprattutto in sua vece. E dire alla persona divina, Ecco ti dico le parole che il mio cuore intuisce che lui ti direbbe! Ed è questa particolare grazia da invocare possibile a quella del cielo quando si sappia che v'è chi impedito è alla preghiera personale, persa completamente la speranza nell'oppressione del male e il proprio cuore disperato abbia fatto di sé corazza, ché nulla entri e nemmeno esca. Ma più ancora, e mi riferisco a quel che sento imperioso in questo cuore che la vita ha strapazzato, quando l'impedimento a esprimersi venga da malattia che mente e anima abbia serrato. Se capaci di questo, noi avremo colmato lo iato, il divario, che s'è frapposto tra il nostro sperato e l'altrui desiderato, la nostra e la sua anima. Sì, quei tasselli del mosaico che fa la vita vanno ravvicinati e giustapposti, scompiglio che prova che il male chiamato, venuto in questo mondo, vi ha creato disordine. Perché il male non è solo una obbiettività nell'esistenza, ma una necessità della creazione, in nuce già nella distinzione dal dio creatore della sua creatura, il mondo dei viventi e delle cose tutte che lo fanno. Allora se il male è permesso per amore deve anche avere una positività, l'amore si fonda sulla reciprocità del sentimento e a caro prezzo l'uomo deve scoprirlo in sé per il suo geloso dio! Solo dopo questi propositi e l'aiuto che dà la preghiera assidua potremo anche rivolgerci all'altro nel quotidiano e dirci, Io ho già pregato nel segreto del cuore per te, ora devo farti sentire esplicito quanto possono la solidarietà già anticipata nella mia preghiera e la simpatia da manifestare, se fartele conoscere saprò. Ma come? Dovrà accadere nella consapevolezza di vivere momenti diversi dello stesso impegno a contrastare il male, che credo, giova ripeterlo, nasca dalle differenze di questo mondo e ne viva, che perciò annullate vanno. Quali? Come il vivere vicino o lontano dal cristo, ancora sani o già suoi malati, indifferenti o solidali con chi stia in angustie, lo starsene per sé o partecipi del destino di ogni altro vivente, impegnati per la pace o, se sopravvissuti, disposti a chiamare pace quello che resta dopo ogni guerra, un deserto, comportamento ben descritto dalla sapienza antica, sì, come certo lo definiscono in ogni epoca gli ipocriti della violenza vincente… Perciò se l'unica lotta lecita è quella contro il male, occorre impegnarsi a combattere tutto ciò che ad esso dà rigoglio, così che non ci debbano più essere ricchi e poveri, buoni e cattivi, capaci e stupidi... Ma come fare? Anche qui non pretendo di insegnare nulla, ché sono ancora nello spirito il bambino che prega ad ogni occasione il dio e se ne appaga, ma che anche lo cerca, disperatamente ormai, come Francesco, che ne sperò alla fine l'incontro palese almeno nella morte! Ma esprimendo il mio sentito per lui, cerco di chiarirmelo ancor più e forse a qualcuno potrò essere d'aiuto a costruire la sua personale idea sul dio e sull'uomo, se amarli vuole. I nostri antichi padri avevano culto per il senso dell’opportunità nel fare cose o esprimere pensieri, ciascuno nel modo o senso appropriati e nel giusto momento, ad tempus. Questo comportamento è sempre valido, nel rispetto dovuto all’altro, alla sua sensibilità e intelligenza, alla particolarità della sua storia e vita. Qui dirò di come credo occorra parlare al prossimo e a se stessi, perché l'amore verso il proprio sé va talvolta castigato, se troppo indulgente e permissivo, l'amore ugualmente intenso dovuto all'altro va saputo spendere, ché per troppo zelo non venga frainteso e talora umili l'altro. Sto per dire quello che intendo. Sì, se ci si è a lungo preparati con la preghiera sarà buona norma, buon comportamento con l'altro, interessato all'amicizia, o che talora rappresenti il destinatario di una nostra giusta osservazione, l'agire cauti, ché la nuova amicizia s'affermi e l'antica non abbia a soffrirne! Sì, se buoni rapporti si vogliano creare, ma ancor più mantenere quando giudizi su fatti o persone, richiesti o no, devono essere espressi, allora vanno saputi porgere se motivati dal bene. Perché? Se intesi sono a crear premesse di contatti amichevoli, ma ancor più con discrezione, prudenza appunto, quando vogliano suggerire, modificare, correggere benevolmente un atteggiamento, un’opinione radicata, ma ritenuta onestamente sbagliata. Sempre la buona intenzione non deve essere fraintesa, equivocata, ché quanto proposto o suggerito non verrebbe considerato e così ne resterebbe mortificato l'amore per l'altro, che al credente è comandato. Sì, proprio così con prudenza, con tatto si agirà con l’intento della correzione sempre benevola e non per l’approvazione, l’affermazione della propria visione, che può essere imperfetta, del proprio pensiero, che può essere fallace sul mondo, sempre insidioso per chiunque, e del come si ritiene ben restarvi, come suggerisce la propria esperienza che però è pur sempre limitata. Insomma quello che è chiaro dentro va sapientemente espresso, va, ribadisco, saputo porgere, è come dire che quel che si pensa va velato e con gradualità scoperto, senza offesa o turbamento per l'altro sia per proporre un'amicizia nuova o rinsaldare una antica quando punga riconoscere lo sbaglio dell'altro e ad esso si voglia porre rimedio ché torni l'armonia. E se proprio di correzione si tratta, l'altro solo così potrà con dignità accettare il giudizio su cose e fatti, e un comportamento, una decisione migliori in una situazione analoga futura, certo terrà e intanto riaffermerà l'amicizia al proponente una condotta diversa, che si sia espresso con “io avrei fatto, io avrei detto oppure io farei, io direi”! Molto diverso è il rapporto col proprio sé, i fatti e lor parole devono essere nudi senza cautele o orpelli, perché intesi a far chiarezza subito, ché è sempre il tempo opportuno, anzi urge, senza vengano riposti nell’armadio del poi, in cui la dimenticanza è auspicata, sebbene inconfessata. Ma l'oblio di un comportamento scorretto non è per sempre e nitido il ricordo del mal fatto si ripresenterà, proprio come lì-lì accaduto nella crudezza e durezza sue!


Parte seconda





Tanto più ancora occorrerà essere così schietti, senza nulla nascondere, se si ha fede, perché non ascolta solo la propria coscienza, ma la signora del cielo, che perorerà al figlio suo la nostra richiesta di perdono. Spesso infatti si tratta di chiedere conforto, aiuto o appunto di farsi perdonare, perché torni la pace del proprio cuore. Non è che la persona divina che ci porge attenzione non conosca i fatti e sia necessario esporli in dettaglio, ma rivederli nella loro crudezza e senza omissioni di particolari scomodi, fa bene soprattutto al proprio sé, alla propria anima, al proprio cuore. Né è necessario giustificarsi, col “non potevo far diversamente o dire”, noi non dobbiamo imbonire l’interlocutrice, a lei, credo, interessi che la verità morale sia stata riesaminata nel pentimento e compresa in tutte le implicazioni, le meno coerenti col proprio dichiarato credo soprattutto, quindi le devianze intese come occasioni di peccato, allontanamento dalla fede, che è per l'amore verso tutti. Il comportamento con gli altri può però essere molto diverso e da taluni spesso è inteso al consenso, così vediamo personaggi un po’ istrionici dire del sé, colorando i fatti, rendendoli graditi a un pubblico più o meno consapevole della mistificazione. E’ chiaro che con la persona divina cui ci rivolgiamo nella preghiera questo non è possibile. E nemmeno quel porgere grazioso nei confronti della persona con la quale c'è il rapporto speciale che chiamiamo amore. È dolce e gradito questo saper dire, per chi ascolta, coerente col sentimento che ha il proprio cuore, quando l'altro confessi uno smarrimento, una incapacità occasionale a sostenere il proprio sentire o difenderlo. E quella del cielo è sì donna, ma speciale, e c’è un rapporto con lei da proteggere proprio dalle banalità e miserie di quaggiù che vorrebbero contagiarlo, inclusi gli imbonimenti in cui non si rinuncia alla mellifluità delle espressioni. Sono tutte inappropriate, non si parlerebbe così a una madre, basta siano sincere, misurate, responsabili. Naturalmente io non ho consigli che per me stesso, parlo a me, ché io sono uno, lo ripeto, che da tutti impara e niente pretende di insegnare, so che la preghiera è personale, un’espressione mistica, un moto del cuore credente, e solo al cristo si potrebbe chiedere, Insegnami come dire a tua madre, a nostra madre, insegnami a pregare! Ma lui non parla! Allora, mi chiedo dalla mia insipienza, Se le parole devono essere essenziali ed è anche vero che la mia interlocutrice, nella preghiera, in cui svelo senza travestimenti o abbellimenti i fatti e i pensieri del mio intimo, spesso scadenti o anche miseri, quando non peccaminosi, è la bella delle stelle, di che di me si innamorerà, o scontato è che ella ami anche l’uomo mediocre o l'ultimo perfino? Le piaceranno la mia sincerità nel riferire i miei trascorsi, la passione che ho messo tentando il bene, il rammarico sincero dei tanti errori? Forse! Ma credo che alla mia richiesta dettata da riconosciuta miseria, Non abbandonarmi!, risponda come per lei fa questa piccola donna, che così come sono, uno che cadere può non solo fisicamente, ed è di recente accaduto, ma moralmente, m’ama, rispondendomi, Come potrei! L’amore di donna di qui non si compra, non s’accresce con mille più o meno sincere attenzioni, è gratuità completa, dono, così dal cielo! Spesso noi maschi ne siamo immeritevoli, io sono così, eppure c'è anche per me una che mi vicaria la bella che mi attende oltre le nuvole che velano le sue stelle! È già qui la sua tenerezza, anche se quelle di fuori rispecchiano le nuvole di dentro, dove è il vento dell'egoismo ad addensarle! Sì, forse sono tra gli ultimi, ma ella ama chiunque, come donna speciale del cielo, come madre del cristo e quindi di tutti! Sì, c'è chi in questo cuore legge il bene e il bello nonostante il suo torpore o il gelo che vi fa il peccato, e mi dà fiducia, e questa piccola donna non lo sa, ma quel tanto che amore le detta, qualcun'altra lo suggerisce al suo cuore!

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