sabato 27 giugno 2015

I due linguaggi degli evangeli


Ribadisco qui anche concetti già espressi, ma diverso l'approccio, e, non dimentico dei luttuosi fatti di oggi, includo, per speranza e convinzione, nella salvazione del cristo di cui ancora parlerò, tutti, le vittime dell'inumana ferocia e chi l'ha concepita e attuata. Ma molte lacrime dovranno esserci nell'immancabile perdono dei ravveduti,ché a tutti donata sarà la capacità di pentimento. E anche noi, gli scampati per ora, quelli che possono dire e anche con inutile enfasi discutere su questi accaduti da farne eco, le potremo rendere possibili e perfino anticipare se vero capaci d'accoramento sincero di fronte a fatti tanto amari e sconcertanti, cordoglio per le vittime e indelebile esempio di dolore partecipato, come essere dovrà per chi sarà reso capace di ravvedimento. Allora che dirò qui? Inizierò così, Spesso negli evangeli il linguaggio del cristo si fa duro, ché la possibilità di peccatori impenitenti è temuta, ché pure essi sono da lui amati. Che sia così non meravigli, ché l'amore non deve giustificarsi ed è esperienza umana che gli immeritevoli di dedizione possono averlo senza merito alcuno. Ma quando dalla croce infame griderà l'ingiustizia patita dagli uomini e l'apparente abbandono del padre suo, capirà di star soffrendo e morendo ché tutti si ravvedano, vivendo per sempre del suo amore, sì,muore per questo, ché tutti siano salvi. Assai diverso il linguaggio delle parabole. Così il padre sta sulla soglia speranzoso di imminente ritorno del figliuolo perduto. Questi si lascia irretire e sperpera il suo preteso anzitempo, ma l'estrema indigenza cui s'è condannato lo farà ravvedere. E non è così a ben vedere per tutti noi? Oh quanto abbiamo perduto per star dietro a falsi valori! Oh quanti luccichii ci hanno attratto e noi, prima che ci accorgessimo dell'inconsistenza loro, il meglio di noi vi abbiamo sprecato! Non abbiamo cosi sciupato un sogno, deluso chi da noi ben altro attendeva e così anche perduto un amore? Ma il padre, il dio da cui ci siamo allontanati, ci ha ripresi con sé, una nuova possibilità offerta e senza rimbrotti o accenni di punizione, ché per lui, che ha sofferto l'allontanamento, anche noi abbiamo abbastanza sofferto, sì, è ora daccapo tempo d'amore scambiato. Ma non sono questi i soli errori, mi si dirà, c'è per esempio la volontà di altrui nuocere e attuare criminosamente l'altrui rovina e tanto altro e c'è anche chi terrore semina e non amore, è anche d'oggi. Sì, rispondo, ma il cristo ha gridato dall'infamia subita, e il suo copre e anticipa ogni altro lamento, un grido che pur si ripete ad ogni gemito, tanti i suoi da allora da assordare il mondo. Ché grida, cosa pretende? Che il male che continua a subire per quelli che ora piangono, finisca! Egli non è affatto esentato, non sta in un luogo a parte, quello del solo amore, è con noi, è in noi, vive la nostra miseria, la nostra rabbia, il nostro piangere e gridare l'apparente abbandono di tutti e del dio, nella disgrazia, nella fame, nella malattia, nella fuga dalla persecuzione, anche dalla violenza di chi legge distorto un testo sacro. Sì, la vicenda sua rivive in ogni emarginato, scacciato, disgraziato, fuggiasco. Ma, mi chiedo, la pur giusta punizione del qui impenitente fin in fondo, infinita come la pena dell'oppresso, che continuerebbe a gemere nel ricordo del reprobo ebbro per sempre del suo misfatto, perché non deve esserci dopo il cristo? Mi rispondo, L'ha già presa su di sé proprio lui e se il sacrificio suo rinnovato fosse impotente nel sanare, avrebbe vinto il male. E diremmo, Nasciamo, viviamo, moriamo inutilmente, come inutile il venire e morire del cristo! Un male quindi che durerebbe quanto il bene agognato, e parlo di quello che fa eterno la sola speranza della fede! Assurda coesistenza anche per chi crede ostinatamente. In verità sarebbe destino di solitudine per il male invitto, il bene ridotto a sogno dei sofferenti di qui, svanente come le illusioni tutte fanno, cessati i battiti del cuore sognante. E ancora l'inferno minacciato del poi sarebbe incompleto, quasi farsa di quello orribile di qui, gli mancherebbe l'ingiustizia che qui tocca vivere, ché il male suo colpisce gli innocenti perfino o soprattutto. No, sta solo qui il male e non mi stancherò di ripeterlo, il cristo ha spezzato per sempre questo dualismo col bene, che c'è solo finché qui la vita. Sì, dopo il cristo c'è il male qui ancora, che spegnere vuole perfino barlumi di bene e lo fa spesso efficace, ma sta morendo, nonostante il palese rigoglio suo. Sì, si chiude, e per sempre, la dolorosa parentesi sua. Perché? Quel qualcuno, un orientale forse logorroico e iperbolico nel linguaggio suo fabuloso d'un mondo vagheggiato di solo amore, che ci attenderebbe appena dopo le tante brutture di qui, è stato così audace pazzo da mettergli dentro un baco, quello dell'amor suo per tutti e tutto, ed esso lo divorerà! Perciò io, che sono tra gli sprovveduti di qui, pur so che tutto scorre nella speranza, dal dolore, che tutto e tutti prende, alla gioia della riconciliazione immancabile. Sì, il cristo ci ha salvati tutti!

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