lunedì 22 giugno 2015

Cordialità



Credo che i rapporti interumani siano nell'uomo buono volti al bene reciproco, ché se è per chi egli avvicina, è senz'altro anche suo, se seguace del cristo egli sente di essere, che indirizza e guida. Perché? Il bene è appagante per chi lo concretizza, ma che gli fa ostacolo? Ecco cosa e come. Egli avverte in sé come una necessità quasi istintiva che va appagata, quella di dover stare per l’altro uomo, e questi, predisposto al nuovo e capace di apprezzarlo, dovrebbe avvertire, già nelle premesse di ciò che sostanzia un incontro, la cordialità offerta. Dirò a breve perché si tratta di cordialità, più di quel che detta la convivenza civile. Solo infatti se apprezzata l’offerta, vinte le diffidenze che fanno barriera, il destinatario la percepirà come disponibilità a capire e a porre rimedio a ciò che a lui fa disagio e che ha svelato forse timidamente nella fiducia subentrata, aprendo il suo cuore. Già l’aprirsi è guadagnare un po’ di bene anche senza concretezze immediate da parte dell’altro e per questi è consapevolezza appagante di star agendo secondo i dettami della parte migliore del suo sé, quella che lo vuole nella sequela del cristo. Quando però l’approccio si interrompe, deluso l’interlocutore nelle attese sue, quello dell’iniziativa finirà per attribuirsene la piena responsabilità e avvertirà il peso del fallimento. Non sarà stato secondo le attese del cristo dentro di sé e di quello che nel bisogno dell’altro ha atteso invano. Cristo di dentro dell’impulso ad agire, cristo deluso nell'altro, inappagate le sue richieste. Cioè avvertirà di aver peccato. Di essersi così alienato dalla vita sperata con la persona del mancato amore, nel mondo veniente. È rischio di ogni incontro pur nella cautela che abbia espresso l’amore, pungolo ad agire perché esso stesso diventi chiaro palese, amore che il cristo dice essere a tutti dovuto, perché a lui dovuto, presente in tutti. C’è però il rimedio. Riesaminare l’accaduto e pentirsi degli errori, che pur devono esserci stati, vista la risposta deludente all'agire pur cortese, anzi cordiale, cioè inteso a rinfrancare, riparare, mitigare un danno intuito… E quali? Forse avventatezza, impazienza, gesti e parole fraintesi… Il pentimento prelude al perdono che il cristo assicura sempre come dono al pentito. È ritorno alla cordialità, che ora è verso il sé contrito, che riconosce come e quanto ha sbagliato, e che proprio ora si è manifestata nel pentimento fruttuoso, ché la benevolenza del cristo gli ha riassicurato, ma che presto avrà nuove occasioni per riaffermare l’amore nella azione da lui comandata. Penso che la fede rinnovata nel cristo sia tutta qui, ritorno alla cordialità attiva, di nuovo sperata efficace, dopo il perdono, quello per sé e per gli altri, almeno responsabili di incomprensione e rifiuto. E come s’avverte d’essere stati da lui perdonati? Rinasce la quasi istintiva volontà d’agire perché il bene s’affermi, ché parla, grida la parola del cristo nel cuore buono rinfrancato! Sì, il regno viene a gran passi, occorre fargli luogo in se stessi e soprattutto negli altri tutti, saranno compagni nel mondo sopravveniente! Sì, il regno viene nonostante il male, anche quello che fuori viene tentando il bene nella cordialità dovuta, comandata, ché s’esprima l’amore!

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