mercoledì 24 giugno 2015

Chi attende questo cielo?


L'uomo d'oggi, pur sapendo che l'azione sua morale segue i dettami di ciò che dentro ha, semi che vi hanno gettato persone buone già nella primissima infanzia e che in terreno recettivo hanno attecchito e fatto rigoglio, sembra quasi sempre insofferente all'idea di un giudizio, postumo delle risposte ai fatti della vita sua, di una autorità soprannaturale. Non solo, ma l'idea stessa del peccato pesa e ingolfa il suo fare, ne vuole essere libero. Invece il credente chiede di continuo al cristo di sobbarcarsi i suoi falli dal momento che ne ha pungolo di dolore. È chiaro che antitetici sono i due atteggiamenti. L'uomo del primo crede di poter far da sé, perché è possibile e doveroso sbarazzarsi delle conseguenze dell'errore, anche se quasi mai solo personali, che se persistenti lo condurrebbero ad agire con impaccio e per vie forse tortuose. L'altro, che aiuto domanda e crede d'ottenerlo, chiede d'essere liberato per sempre da ciò che grava sul suo cuore. Insiste, lo pretende quasi, ché certo è dell'azione salvifica del cristo, dal momento, ed è la fede sua, ci sono sempre conseguenze soprannaturali in ogni atto di chi lo guarda e cerca di guidarlo. Egli ne domanda l'interessamento amorevole attento anche futuro con una promessa, mai più ricadrà in quell'errore di cui chiede e ottiene il perdono dal dolore che fa il suo pentimento. Chiaramente è apparentemente più forte il primo, che a sé sembra bastare al momento. Ma momenti bui ci saranno e di debolezza, quando tutto, quasi ossessivamente, verrà riesaminato e molto si ritroverà discordante dalla legge morale del suo sé, che pur c'è. Allora sarà il dolore, duro il giudizio suo sui fatti rivissuti con le ingiustificabili manchevolezze, le insensibilità ai fatti che gli altri angustiano, tutti nello stesso gregge di belanti per tanti bisogni, di cui ha voluto essere pastore disattento, porgendo orecchio senza vero ascolto, mai però trascurando se stesso. Io sto nello stesso gregge, ma lo so vero assistito, sì, non basto a me, sono un belante, ma qualcuno è vigile e presta ascolto. Ecco vado qui, là, m'allontano, ma so che qualcuno mi guarda scusando l'avventatezza mia, che la confidenza eccessiva sembra suggerire anche a chi pecora giovane più non è. E so che se rimbrotto o più ancora meriterò da parte del buon pastore che sorveglia i miei passi, sarà per la mia vita di qui ché ben scorra, e non verranno ricordati se perdono sincero delle mie intemperanze gli avrò chiesto. Allora nessuna punizione futura, ma accoglienza da quelli della vita che viene, che, oltre tutto questo problematico vissuto, m'aspetta. Ma le minacce del cristo quando camminava tra noi a chi erano? Son forse oggi rinnovate e rivolte ai presuntuosi, ai bastevoli a se stessi di qui? Sono state e solo allora del cristo che temeva di perdere chi pur amava. Quando? Prima che la testa avesse coronata di spine e comprendesse la soprannaturalità del suo sacrificio di croce. Quella atrocità non apre ad altre nel mondo futuro, il cristo avrà gridato abbastanza, attraverso quelli che qui gridano la loro pena. Chi qui non ha creduto, crederà postumo e la vita sua, con suo significato unico e irripetibile, sarà salva perché preziosa per il dio, che pur vedrà, non più a lungo cisposi i suoi occhi. Ma a me è cara un'immagine, che desidero illustrare. Sì, sono io che scarico oggi sulle spalle del cristo ciò che mi ingombra l'anima, e lo faccio da sprovveduto e bisognoso d'aiuto qual mi giudico, ma lo sto facendo anche su chi lo interpreterà palese dopo il suo pentimento e ravvedimento postumi nel mondo della vita novella. È questo peccatore, quale sia o quello particolare di cui ho detto, che qui, su questa scena, indossa la maschera dell'ipocrita egoista, che si sobbarca anche il mio fardello. Non lo vuole ma pur lo porta, è uno che soffre e risorge nella storia sua, ché recita ora inconsapevole, poi cosciente il cristo! Perché è possibile tutto questo? Egli non sa, ma ha già qui il cristo dentro, che via non va, non fugge da lui e non muore più, nemmeno del suo peccato! Vedi questo cielo, dico alla donna mia, quante vivide brillanze ha stanotte? Attendono tutti queste stelle!

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