sabato 1 novembre 2014

Il dolore e la morte perché?



Proprio come quando qui a percorrere vieni i sentieri del bosco di questo chinale di buon mattino e ti imbatti in corpicino straziato di ratto o riccio o di altra piccola creatura morta e ne fai pietosa culla tra le foglie tante, che tutti spogli fanno molti degli annosi alberi, così almeno o più ti rattrista sapere che qualcuno uscito è di sua e tua vita. Anzi ne fai culla con le considerazioni blande della cerimonia che fa bordone al pianto dei suoi più vicini e ricordare ne vuoi i momenti significativi e belli della vita sua, che soli richiami alla memoria. Certo non fai come i più, che alla fine pietosi lo assolveranno comunque, che non potranno non chiedersi che ne è stato di sua vita, non tutta, ché sol il dipartito ne aveva ricordo, ma quella che lor memoria dei fatti più recenti conserva. E colui che ne indaga si chiederà, È trascorsa noiosa nella monotonia di giorni tutti uguali, o allietata è stata da eventi, che scossa l'abbiano per renderla più degna? Ha egli visto tramontare gli ideali giovanili, che tanti conservano geloso possesso a lungo, e così è vissuto disincantato e triste, o ha lottato che qualcuno s'affermasse ed è accaduto che se ne allietasse nella vittoria? È egli vissuto di piccoli intrighi nel quotidiano o esistenza retta, conforme a sani principi del viver in società o morali, ha condotto con tenacia? È stato vittima di infamie o con calunnie e delazioni ha molestato il prossimo suo? Così di simile tante altre domande al fine di tracciare un profilo morale dello scomparso, anche se poi cederà alla retorica del cordoglio che di tutto assolve, negando l'evidenza perfino, anzi ne magnificherà le poche azioni di bene e di altre confabulerà. È il rito che accompagna pietoso il trapassato, garantito indulgente nell'immediato, come mesta poesia alla sua ultima dimora certa, quando è bene per tutti che un'immagine realistica ceda a una mitica cucita lì per lì per conforto dei rimasti soprattutto. E quelli che credono, sono persone che giustificano l'atteggiamento consolatorio per gli straziati dal pianto e pietoso per lo scomparso, pensandolo sincero asceso al perdono del dio. Così esse invitano alla rassegnazione pensandolo eletto a una vita migliore. Ma è tutto vero sperabile, o s'osa troppo? Davvero il dolore e le pecche di una vita avevano un senso, non erano fortuiti incidenti in un percorso, sperato semplice se non addirittura esentato, che una divinità permissiva aveva disseminato di inciampi superabili privilegiandolo, o piuttosto manifestazioni dell'ottuso male di qui, che fa vero scura questa valle? E il dolore dei testimoni di quei fatti talora tragici che senso v'aveva, e le creature mute spettatrici di tanto, quando amiche vero addolorate, che senso v'aveva il loro partecipe dolore? Allora o c'è una preziosità nella vita di ciascuno che spesa va a vantaggio di tutti, o c'è, assurdo, il disagio, la sofferenza patiti per il solo sogghigno dell'autore dell'infamia fatta subire! O, con linguaggio diverso, il cristo, che soffre e muore, anticipa o ripete la vita di ciascuno, oppure l'amarezza per il dolore e il vuoto che lascia ogni morte sono non senso! Possibile che niente di qui segua un ignoto piano che, per quanto irto di difficoltà penose, conduca tutti al meglio e alla luce, visto il buio qui prevalente? Sarà vero qui anche, quel che vale in logica, che vuole la totalità degli eventi a caso, che qui fanno danno e morte, che non un evento dello stesso tipo sia, ma al contrario che una ragione tutta riposta abbia, nota solo a chi ha fatto il tutto tanto carente e brutale, ma anche un dove in cui fa capolino l'amore? E torna spinosa la domanda, Perché quest'inferno unico e certo? Lo sanno i defunti? E perché non lo dicono almeno per cenni? Chi soddisfa e se ne sta cheto, se qualcuno ripete, saccente, che dolore e morte sono nelle leggi della natura e occorre accettarli con animo forte e rassegnato? No, forse è solo nell'apparenza così, una coerenza coi fatti angosciosi che vi accadono, ché dietro c'è dell'altro. E io, che mi struggo come testimone partecipante, io stesso vittima, del dolore delle creature tutte, lo chiamo, il dio!

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