giovedì 13 novembre 2014

La misura dell'amore



Dorme questa natura, stanca di aver tanto speso di sé, qui nel bello per tutto il tempo appena trascorso. Ora riattende stabile il bel tempo, né l'inganneranno suoi effimeri anticipi, ma, venuto l'atteso, sarà per essa qui ancora primavera, ché tutti ne godano! E sarà incanto di foglioline verde novello su alberi e cespugli, di erbette e fiori, e ne sarà variopinto il chinale, di ronzio di bombi affaccendati, di nettare vogliosi, di canto di saltellanti uccelletti innamorati e inseguirsi vago di farfalle in giochi d'amore. Così fa la vita tutta qui e altrove, sembra sopita ora, così l'umana che pare sonnolenta attendere tempi migliori, quando ora tutto le fa noia. Ma forse esercita la virtù della pazienza, che, se è tregua consigliera del forte, che freme e solo attende l'opportunità d'agire per più certo successo, può divenire tentazione d'accidia per il pavido debole, che tema di perdere pur il poco, che lo stare tra molti agguerriti, gli abbia consentito di trattenere a sé. Ma nella vita religiosa, col pungolo che di continuo fa alla coscienza del buono l'amore del dio, la pazienza è sempre colpevole se troppo temporeggia, fa allora resistenza, quando non ostacolo, al successo dell'azione del bene, ché stimola la sempre guardinga reazione del male, che arma i suoi tanti nemici. Né giustifica l'inazione la minaccia al proprio sé, quando prema l'urgenza di chi soffra e cerchi il benevolo atteggiamento da chi intuisce possa mitigargli la pena. Sì, l'amore divino non sa, né può attendere, le sue necessità vogliono, pretendono risposta, totale e pronta! Sì, non si può essere attendisti o peggio rinunciatari all'incalzare del male coi dolori e danni suoi. L'attendere è sempre sospetto di tema di coinvolgimento, ed è almeno tiepidezza, se non vigliaccheria. Questo è un mondo di troppi indifferenti e vi prevalgono quelli che eludono la propria responsabilità con mille pretesti, alla cui opportunità finiscono essi stessi per credere, tali la loro ragionevolezza e sensatezza, ma sempre deludono chi da loro molto o poco s'aspetti. Chi altri? Essi tradiscono anche la paziente fiducia di considerazione e di benevolo aiuto di chi assista al trasformarsi progressivo della propria favola, in farsa di vita. Tanto da apparire risibile, nei risvolti suoi spesso tragicomici, ai ridanciani superficiali, ma che, quando d'improvviso tragica diventi, quegli stessi rinserra nel cantuccio loro di vigliacchi inani, vedendo da quali mali la sorte, al momento, li risparmi. Lo dico dalla mia esperienza di vita, anche se riconosco non sia mai lecito indurre conclusioni generali dalle personali vicende difficoltose, quando non palesemente dolorose e penose. Né m'è lecito pensare al dio, che, pur buono, non mitighi il danno, né ne contrasti la causa all'origine. È dell'affamato di giustizia pensare al dio, come a chi mai parla, mai si giustifica, mai chiede perdono! E si arriva a perdere la fede, com'è accaduto bambino, ragazzo e ancora da adulto. È dolorosa esperienza di molti, quando l'impotenza di fronte a certi fatti estremi, morti, malattie, di persone care, tradimenti, raggiri, da persone in cui fiducia era stata riposta, induca la sensazione di star chiusi in un serraglio in cui, follia e ragione, indifferenza ed empatia, indecisione e pronta risposta, odio e amore, si equivalgono di fronte allo spadroneggiare del male e nel silenzio del dio, complice o indifferente tentati di pensare, tanto rende folli il dolore vissuto! E allora si grida a lui, e io, disperato, l'ho fatto più volte, tentazione demoniaca! Perché, perché non sono morto io e non è stato risparmiato il fratello caro di sicuro più buono, perché di quel male non sono morto io e risparmiato chi amavo, perché quella malattia non ha preso me e risparmiato persona cara, perché in quell'inutile lotta sono sopravvissuto ed essa non m'ha annientato? Perché questa vita mediocre fin qui mantenuta, perché non ho rotto la mia testa con colpo possente contro al muro del male, perché il mio, ora inutile, tanto sapere non l'ha scalfito nemmeno? Una risposta sola, Il dio mi ha in quelle ore, quei giorni, quegli anni abbandonato! Ma poi l'ho ritrovato e lui, scacciato, ho avvertito corrermi incontro, e mi son detto, La mia passata follia era forse giustificata, anche se eccessiva, m'è ora comprensibile, ma lo è anche scusabile o perdonabile? Non ho forse calpestato volutamente l'amore del dio? Ma ora daccapo spero nell'amore rifiutato più volte, sono stato un ribelle, sono ora un soldato, debole ormai, ma determinato a che in questo muro s'apra una breccia e l'ostinazione durerà fin a che forza residua duri! Non voglio più stare solo a guardare e, se io stesso vittima, nulla m'aspetterò, e richiederò poco, forse solo un appena dalla dolcissima donna, che mi vive accanto. A null'altro chiederò, sapendo quanto difficile sciogliere l'egoismo ostinato imperante, e quanto venale spesso è dei medici l'aiuto. E il dio che nemmeno allora parlerà? Pretende l'eroismo dell'amore, mi dirò! Vuole che il tempo ci faccia tutti santi! Dove sarà che si attui questa sua pretesa? Qui, per quelli che spenderanno la vita per contrastare e attenuare le conseguenze che ci vengono dall'unico vero problema, il male! Dopo, per un tempo personale, per i più, quelli tra cui sono, colpevoli di aver rimandato quel problema, accantonato sine die, il che è abitudine del pavido, sì, l'attendere che altri si spenda, e tutti siamo così in qualche misura, sempre attendiamo che altri faccia! Ma c'è qui chi vince la paura della probabile sconfitta, altri, e sono tanti, che si rassegnano a restare succubi rinunciatari. Allora penso nella mia, forse fallace, eterodossia, che sarà comunque il perdono e l'amore palese, già qui per quelli che riesaminano la propria vita alla luce di quanto qui possibile, divenuti capaci di bene, per i più, e lì mi vedo, quando ulteriore tempo sarà dato di là, perché continui a parlare la propria coscienza fino al ravvedimento, permettendo così s'entri nell'eternità, vera meta e destino di tutti! Ma fino a che qui si resta, che fare? Pregare occorre, ché il dio ci illumini su una cosa fondamentale, nella nostra azione o nella nostra rinuncia, sono sempre implicate persone, sono i sofferenti, in cui il dio soffre! L'indugio ne aumenta la pena! Chiedo al dio di fortificarmi il cuore, per correre incontro ai bisogni, non attenderli a portata, tutto fa necessità, tutto urge nel dolore! Non tarderà che con misura, pigiata e scossa, ci sia dato il vero cibo dell'anima, l'amore suo! Ma ci accorgeremo solo allora che anche qui era donato, anticipato nella fiducia che il dio già aveva, garante una persona per amore, da noi e da lui riamata! E sta anche in questa sua capacità di avallo per solo amore, il perché la donna mia verrà dove starò ad attenderla! Sì, la misura è già colma, riempita da chi qui ci ama! Ma sarà anche pigiata e scossa, e traboccherà!

Nessun commento:

Posta un commento