mercoledì 5 novembre 2014

Di più nemmeno il dio può



Quando qui proprio, tra questa esuberante natura mi trovo, or quasi tutta assopita, sempre un po' rivado all'epoca lontana in cui trepidante e timoroso la ragazzina dei sogni vi attendevo. E le dicevo, balbettando d'emozione, quello che mi suggeriva la bellezza sua acerba e più gli occhi suoi. Ma presto sento velare i miei e poi me ne sto triste a pensarla sola tra le stelle, sperata vaga ancora di me. Non ho avuto fortuna con lei duratura, ma nemmeno nessun'altra che assimilare possa in amore a questo mio piccolo attuale sogno, che so mi guarda, pur quando lontano, con occhi che fin nell'anima san farlo! E niente le taccio. Ma quando l'amore casto verrà comandato, forse l'una per mano l'altra condurrà a sentir poesia dal mio amore sol per loro conservato geloso. Così oggi, ché umidi già sento gli occhi, dalle stelle sarà meglio scendere a cose all'apparenza prosaiche. E penso che tutto ciò che qui vive ha in sé il sufficiente per assolvere un precipuo compito. Non è però che imperfezioni non nascano in quest'epoca nostra che tutto attosca, ma cosa non adatta alla sopravvivenza credo non duri che poco. Nella vita dell'uomo c'è di simile, ma egli pietoso mantiene spesso chi qui è chiamato alla sofferenza, ché complesso e misterioso è quel che dentro gli batte, il cuore metaforico più del fisico! Ma pensiamo all'uomo quasi perfetto in cui soma e mente rispondano bene alle esigenze della vita d'oggi, se ne sta contento? No, se vero uomo non se ne sta alla ignoranza presuntuosa che contenta i più, quelli, e son tanti, con opinioni su tutto, mai ragionate considerazioni! Anzi si permette il privilegio, che altri non può suggerirgli, di sentirsi inadeguato, imperfetto! Inadatto perciò a rimanere tra gli altri perché dubbioso delle capacità sue, anche psicologiche. E quand'anche dura critica l'assolva, egli continua a vedere l'esistenza sua qui come problema. Perché esserci, quale lo scopo di viverci e il fine ultimo della vita delle cose tutte sotto al sole? Ecco così sa di non sapere, antica la saggezza cui così approda! Nozioni sempre nuove dalla scienza, ingarbugliamenti, sotterfugi, arruffi della politica e dell'economia, carenti in un mondo di fatto sempre più ingiusto e complicato, di più reso così dalla tecnologia, che illude di semplificare, ma lo rende sempre più da sé dipendente. Ed è allora che il nostro sente in sé acuirsi un ideale di perfezione e scopre avere un'esigenza non comune, non si contenta del mondo dei privilegi che appaga i più, sa che è costruito sulla miseria di moltissimi altri. Egli comincia così a permettersi il lusso di una morale! Troppi gli esclusi, i dovuti restar poveri e malati. Ma così, pure lui vive una malattia pericolosa, il sentirsi responsabile, di un mondo malato di indifferenza o d'abbandono. E gli farà ulteriore tristezza lo scoprirsi asservito, legato a cose divenute irrinunciabili nel suo privilegio. Meglio sarebbe stato star contento come gli stupidi, che s'adagiano sui vantaggi della modernità, mai chiedendosi da quante lacrime sia mantenuta! E allora come uscir da questa morsa che tanto attanaglia? Deve accadere qualcosa d'analogo al mio sentir amore per una, ora tra le stelle! Ecco cosa, lui postula un dio, anzi il dio, ché se è per sé, è per tutti. Allora ecco la vita sua diventare morale, vuole l'incontro con quel tu, occorre prepararlo! Ora non è certo più felice, ma sereno, sa che tutto ha un senso. E poi arriverà ad innamorarsi del suo sentire, non solo, allora avvertirà l'esserci del dio tra le cose di qui, ma, meraviglia!, che quella presenza non è un'idea della mente, accolta con geloso possesso dal suo cuore tormentato, ma crederà che l'essere suo sia di per sé, in un suo luogo, oltre le cose tutte e le apparenze loro. È allora che il dio diventa assioma, verità evidente di per sé che di nulla dimostrazione abbisogna! Ed è allora che ha della sua speranza un'immagine assai diversa dall'iniziale, non dubita, ora sa che illusione non può essere, è amore oltre il visibile, è amore che solo una sensibilità a lungo educata, anche nella sofferenza, può cogliere, è amore per tutte le cose sotto al sole e lui ad esso si uniforma. Ama! Non è più Narciso, innamorato dell'immagine che stagno tranquillo gli rimanda e lo fa indifferente alle pressanti richieste di ninfe amorose. No, fa dell'amore la sua sola ragione di rimanere. Non è più chi la sola ombra sua vede e accarezza, non dialoga più con solo se stesso. Sa che la voce del dio, per quanto distorta, gli giunge dagli altri, e l'immagine dell'uomo, per quanto imbruttita dal peccato, è il volto del dio. Sì, ama ora e accetta il rischio del rifiuto degli indegni, ma che più ne sarebbero bisognosi, ama perfino il nemico! E di più nemmeno il dio può. Ama noi!

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