mercoledì 26 novembre 2014

Iddio mio!







Se vero è che il bene è eterno, infinito, e sta in un suo luogo, oltre la finitezza delle cose di qui, la loro temporaneità, asceta è colui che tenta di raggiungerlo con i mezzi che lo star qui, attuale sua precaria condizione, gli consente. Ricerca del bene metafisico, qui presenti soltanto sue parvenze, che pur ne sono preludio e invito, è sicuramente anche tentativo di libertà dai contrasti del vivere qui, paura, dolore, morte! Ma è più ancora. Perché? Aspro ne è il cammino con impedimenti a ogni passo, ma deve essere continuo superamento del realizzato e mai appagamento, anche d'averlo reso disponibile per gli altri, se vero è che se si ha qualcosa, ne va condiviso il godimento e, se si aspira al bene, ne va condiviso il sogno, atteggiamento, richiesto dalla natura di ciò che si agogna, che chiamiamo amore. E il raggiunto va tenuto nel cuore, mai svelato! Sarebbe come se il seguace di Epicuro, asceta che cercò la libertà col raggiungimento del piacere metafisico, avesse la tentazione di fermarsi ai mille richiami, che il proprio sé ha dagli allettamenti del mondo e tenti di goderli, illudendosi di libertà, a scapito della liberazione degli altri, ignorando che quanto si ha di godibile, è permesso da un mondo ingiusto, che molti calpesta, affinché il fortunato possa sorridere o ridere sotto al sole, in un particolare piacere appunto. E, come seguaci così degeneri meritarono e meritano tutt'oggi, ché ancora e sempre ci saranno gaudenti, l'appellativo di porci, che si rotolano nel fango del loro stesso sterco, così nell'impegno al bene, alcuni meritano solo d'essere chiamati ipocriti, molti tra i frequentatori di preghiere corali! Chi sono veramente? Sono quelli che ostentano il bene raggiunto. L'hanno solo per se stessi e quelli più strettamente prossimi, e così non si curano dei più, e perdono l'anelito al bene e, rimanendo nel proprio hortus conclusus, perdono l'anelito all'amore, illudendosi di viverlo, avendolo così limitato! Non è questa la ricerca del bene, non è questo l'amore cui aspiriamo o avvertiamo, cercando colui che chiamiamo il dio. È vero, questi pur sta nelle piccole cose, successi, atti, però conseguiti o spesi a vantaggio di tutti. Solo così si cammina e non si sosta, pensando ai pochi raggiunti, quando molti sono ancora esclusi, non richiamati da alcun invito o che deliberatamente rifiutano il nostro interesse. Cioè chi non smette di agognarlo forse l'ha già, nel cuore almeno, ma certo il dio sfugge a chi è pago del bene conseguito, o con linguaggio del suo cristo, a chi guarda indietro, e così, per farlo, sosta!





Allora cercare il dio è inappagamento, e può essere mortificazione, tormento anche, ma non ci si può contentare del conseguito a prezzo di tanto impegno e forze spese, occorre che, anche se piccolo, il bene raggiunto abbia la massima estensione! Io devo includere nel mio raggio di sole, chi mi è strettamente vicino, ma pure chi m'è o si mantiene distante, per incomprensione, per invidia, per odio. Sì, chi mi è nemico! È questo, credo, il richiesto, stante la natura dell'oggetto d'amore. E come il vero asceta epicureo sta contento del suo poco e vive nascosto, l'asceta del bene s'appaga sì del poco e ne vive, ma pur esso ha messo a disposizione di tutti, pure di quelli che non l'amano e lo disprezzano, e vive nascosto. Non certo nel suo sé, ma schermato dal tenace suo impegno, discreto sempre, che mai ostenta, sempre anzi è umile e si ritiene inadeguato, insufficiente, per il suo compito, essere per tutti. È la sua insoddisfazione del raggiunto, e lo fa correre quand'anche vecchio, ché il suo cuore metaforico giovane è sempre ed entusiasta del bene e detta amore per tutto e tutti. Ecco nuove storture, angosce, impedimenti tanti. Ci sostenga allora la preghiera! E io che dirò, Sono già vecchio, timoroso di danno e mi minaccia, o già mi insidia, il dolore autentico, forse mi possiede, mi stringe dappertutto. Sono già nell'abbandono e nelle sofferenze del cristo? Non so, ma almeno, come lui, amo nonostante, disperatamente! E che dirò al dio? Perdonami! Mi sono addormentato sulle mie disgrazie e non sono stati bei sogni! Passato è forse il tempo dell'amore per tutti, ché forse nulla ho da donare ancora. Donabo me ipsum! Ho detto, e ora ripeto nell'angoscia! Ma ho bisogno d'aiuto, ho bisogno d'amore, di questa mia donna, di te! Tu non sei tra le stelle, forse stai nel mio cuore inappagato e deluso, stai nella mia solitudine, stai nel mio dolore, stai nella mia malattia e starai nella mia morte! Ti invoco con Francesco, Iddio mio, iddio mio!




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