domenica 9 agosto 2015

Toppe sull'umanità



Con quante toppe occorrerà l’anima rammendare se la lacera la necessità di coerenza! Quella che essa sente dovere avere verso i suoi principi, che le danno fondamento come unità di persona, nella distinzione che mantener vuole tra bene e male, buono e cattivo, vero e falso, lecito e illecito, quando sollecitata è a frettolose decisioni che la vita impone, nella corsa sua spesso insensata, se non folle. Che tanto somiglia all'apparente fretta di chi desidera raggiunger la campagna e frusta i cavalli suoi per poi, raggiunta che l’abbia, con la stessa alacrità e impegno subito tornare indietro. È riflessione lucreziana sulla inquietudine e stupidità del comportamento umano. Quel cuore critico, che pone a sé la necessità della coerenza, non sente di dover salvare la forma sacrificando la sostanza, farebbe allora come la natura fa. Essa conserva la forma di questo bosco, alberi, cespugli, muschi, creature frequentatrici,… e non dà importanza alla lotta che in spazio ristretto c’è non solo tra specie concorrenti, ma tra individui affini, per la sopravvivenza. Sembra solo interessata che il tutto continui, ora l’aspetto complessivo assai simile a quello che era poco o assai prima. Una coscienza umana non può far di simile, salvare a ogni costo l’aspetto del suo spazio, chi vi coabita e le lor convinzioni e cose. Dovrà giudicare, scegliere, sacrificare qualcosa o a molto rinunciare, se ha scelto la difficile via che tenta percorre nell'agire come essere morale. E sarà sempre in lotta col sé accomodante di dentro, mai del tutto spento, e con la disapprovazione di uomini, che nulla del sé disposti sono a sacrificare, o addirittura del dio declamato, ma falso, da chi lucra o mangia col mestiere di ipocrita. Ma non lo farà nella rigidità dei suoi principi, se è uno che ama sé e chi e quanto lo circonda. Eviterà sterili lotte, privilegiando il dialogo per concordare correzioni dell'esistente, o iniziative per accogliere novità, cercherà consenso nel combattere dannosi sprechi, distruzioni inutili, per preservare dal danno il bello e il buono che già ci sono e potranno avere nuovo rigoglio, per la buona convivenza e il piacere di appartenere a una comunità, che preserva la vita e gli aspetti suoi belli. Ma poco importa che il salvato differirà alquanto nel suo aspetto dal prima, non avrà egli mantenuto la forma, ma salvata la coerenza, e soprattutto non avrà che agito nel dettami dell'amore, che prudenza e buon senso suggeriscono. Insomma c’è un’arte nel vivere, nello stare al mondo senza compromettere il proprio sé coerente, con quelle ragioni di fondo che vi fanno buio, che per quanto a volte semplici e allettanti, distorcono la via del virtuoso o del non ancora tale, ma che tenta di esserlo. Sono pur sempre le ragioni del male le opponenti al buon agire, intese alla perdizione, in senso disumanizzante, prima che peccaminoso comportamento in senso religioso, seppure al momento sembrino arricchimento della propria esistenza, una via breve al consenso e al successo, e quindi invito a percorrerla. Sia modello all'azione nostra il cristo che con tutti cercò il dialogo e non s’arrese di fronte alla caparbietà, e vi tentò la dolcezza, ma preferì soccombere alla malvagità e non far con essa patto. Era una società di religiosi, nel tempo difficile dell'oppressione romana, di aderenti e praticanti con le stesse regole uno stesso credo, ma benché unico il linguaggio, quanto diverso il significato delle stesse parole! Per lui sempre d’amore, per molti altri divenute di odio! Perché il buono e il giusto diventano pesi per una comunità e finiscono odiati dall'intolleranza? E questa è un’epoca assai simile, ma da che è vessata l’umanità tutta? Forse dalla legge del profitto che impone il capitalismo invitto, che se qui lascia vivere sebbene nell'appena indigente, altrove e per pochi, permette una vita tranquilla aperta fino agli agi spudorati. Comanda il denaro, approva o condanna, esenta o vessa, qui permette, altrove sanziona, è plutocrazia, regge il mondo comunque, anche larvatamente, nel formalismo di leggi pur liberali e ai politici dell'oggi il compito di promuovere cauti cambiamenti senza sovvertimenti, con molte chiacchiere, affida. Ma giustifica questa incurabile malattia che affligge l’occidente, e che attosca l’umanità nostra, che ci siano lotte e lacerazioni nel nome dello stesso unico dio? Quanto diverso è l’agire che egli suggerirebbe! Invece qui intolleranza, altrove contrasto fino alla morte di presunti infedeli o atei, negata la convivenza di uomini con altri, di comportamento sì assai diverso, ma giudicato ad arbitrio di intollerabile blasfemia, anche se l’indigenza di molti lo rende di necessità virtuoso, mentre il vizio è possibile solo nella ristretta classe dell'opulenza, classe assai diversa dalla nobiliare d’un tempo, chiusa, essa è invece aperta affinché i novelli furbi e senza scrupoli, se successo hanno, vi abbiano accesso. Intransigenza per ora di pochi, quella che si oppone a questo mondo perverso, il nostro, ma che comporterà o già sta comportando tempesta, sì terrorismo, guerre, massacri di gente indifesa e innocente perché povera e smarrita di fronte alle novità, quali siano. Queste a torto in questa nostra società in apparenza evoluta, anche ora intese sono tutt'altro che buone, se non sono di immediata utilità a combattere l’assillo del vivere quotidiano nella vita stentata e monotona dei più, e vengono contrastate acriticamente. Ed è un problema del vivere di oggi così alla giornata, ché i più coscienza non prendano del pericolo che li minaccia, troppo impegnati nell'immediato, che prevedere non sappiano il loro dopo, anche assai prossimo, e stanno in un perenne oggi negli angusti limiti che impone la sopravvivenza. Ma taluni dei più disperati, ma meglio informati, forse sperano addirittura in uno sconvolgimento venturo. In cui chi nulla ha, avrà nulla perdere, fatta salva la vita, e poco da temere, ma che poco o tanto guadagnerà raggiunto un equilibrio diverso, inserito nel nuovo da perfetto ipocrita. Tutti in verità dimentichi della legge dell'amore! I promotori di misfatti, perché colpiscono non i ricchi che hanno tempo e mezzi di fuggire in posti più protettivi e sicuri, i poveri soprattutto, colpevoli della sola diversità di credo. Ma anche quelli della reazione alla provocazione che l’ordine, le consuetudini, le abitudini vengano turbate o sovvertite, e che s’adoperano che nulla cambi almeno dei privilegi dei dominanti pur nell'apparente sconvolgimento e portati sono da lor rabbia a far di peggio. Sì, tutti scordato hanno che il dio parla il solo linguaggio dell'amore, ogni altra parola è aggiunta, viene dall'uomo e dal fondo scuro di questo mondo! Ecco sarà un’umanità con tante toppe dopo tante lacerazioni, se il dio le concederà di sopravvivere, restata sì in vita, ma malconcia dopo tanti luttuosi avvenimenti, non per rinsavimento, ma per esaurimento dei contendenti stremati in tanta inutile sterile lotta, ciascuno esanime restato, ma attaccato alle idee sue, scosse ma non cadute!

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