lunedì 3 agosto 2015

Felicità possibile



Vivere qui in un mondo già tanto caotico e buio significa rischiare che disumanizzi la vita, tanto più esposta alle difficoltà da chi, tra noi, s'adopera a umiliarla, sopprimendone la libertà. Ma resta intatto l'anelito suo e il desiderio di felicità, che non è uscire dalla realtà per crearsi un cantuccio nel silenzio, in cui parlano i soli fiori ondeggianti tra il verde delle erbe loro, mosse da carezza di dolce vento, sarebbe come evadere nel sogno, essa è qualcos'altro. E nemmeno è uscire dal tempo, che i nostri passi misura e ora che la più parte di via è percorsa, par frettoloso tanto che soffermarsi sul bello e sul buono in cui, nonostante il vissuto, pur ci si imbatte, non consente, tanto gli urge, cadute le illusioni tutte e le speranze consegnarci al nulla, no, la felicità è altro. Ma che è? È forse essere sollevati dalla cura del vivere, sta nel rendere concreti i desideri, soddisfare le inclinazioni dell'anima? Sta, credo, nel poter essere se stessi! Non stretti dall'altrui ingerenza, non pedine di un gioco troppo grande che resta incomprensibile, né schiacciati da quanto qui limita e opprime. Né serve fuggire in un luogo speciale che forse nemmeno c'è. Non cresce rigogliosa la pianta verde del tuo balcone se mani delicate e amorose di donna ne hanno cura e non fiorirà a breve? Fattene bastare l'incanto! Ecco qualcuno ha detto che c'è chi ci guarda dalle stelle. Benché tenera ne sia la speranza, non v'è certezza, muti i mille e mille brillii in notti a questa simili. Ma non è forse dolce e appagante operare che i problemi di sempre siano meno pressanti, come se vero qualcuna ci attenda tra queste brillanze per donarci una vita diversa, che già qui deve iniziare? Sì c'è una fata in questa favola, vuole che il possibile di qui sia raggiunto, superato o, se le sue richieste son troppe e opprimenti, che il possibile sia soppresso, si scavalchi, si passi oltre comunque. Ella vuole anticipate qui le cose del proprio sogno, vuole proprio con noi condividerlo, di star con lei là dove vive, che non è fuggire daccapo chissà dove, perché non limitativo, non è esclusivo questo sogno, che proprio perché così, perde le caratteristiche sue di vaghezza, di possibile nell'indeterminato di luogo e di tempo, per farsi speranza, anzi certezza nella speranza, fede. Sì è aperto, se si lascia che vi entri chi come noi è deluso e affannato e non importa che sia solo questo il bello e il buono che facciamo per gli altri, vi avremo speso noi stessi! Questo ci fa narratori di favola bella, le stelle, la fata, la corte sua dei già accolti, come cantastorie sono stati tanti altri in questa storia umana. È davvero tanto, è far melliflua ogni voce anche la più amara! Non ci consola forse la dolce presenza della donna che la fata vicaria? E i figli nostri amano forse altri del tutto ignorandoci? Sono stati bambini e hanno riempito di strepiti di gioia la nostra casa e il cuore nostro di felicità e preoccupazioni tante. Ci hanno fatto vivere. Ha senso questa vita? Forse, se la spendiamo come vuole la fata. La felicità non è dovuta, non viene dai sogni, nemmeno da quelli che protagonista la vogliono, va cercata qui nonostante le insidie di un ambiente problematico e spesso ostile, nonostante l'oppressione dei malvagi, come dovere sia verso se stessi che gli altri tutti. Non abbiamo il diritto, ma il dovere di essere felici! E se così, se questo deve esser l'impegno, le stelle, la fata, l'amore di donna qui e quello dei frutti suoi, i dolci ricordi di donne incontrate, lor timide parole, lor occhi schivi, lor sospiri innamorati, l’amicizia fedele di rari compagni, sono metafore o preludio a quel tu che è per noi, vicino o lontano, tra le stelle o proprio qui o proprio dentro noi stessi, ma presente e chiamiamo il dio!

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