giovedì 23 febbraio 2012

L'idolo tuo vivente

Sempre dalle immagini o statuette tue, pur di talune ammirandone la bellezza, mi separa una distanza e non sento per quelle la vicinanza tua quando, orante, cerco gli occhi tuoi. Di tutte le icone possibili preferisco la vivente, quella che donna, che ami, offre. Sempre è di sé e oltre il suo sé che i suoi gesti-parola dicono, più delle parole stesse, e se vi si sa cercare, di te vi si scopre. Tu sei così parlata da lei, cioè descritta, lasciata percepire, intravvedere e parlante per lei, comunicante. Ho questa fiducia. Perciò se lei amo non a lei si ferma l’amore e il suo è infondo amore trasmesso. E allora che altro aggiungere?Tutte le immagini della divinità parlano al devoto per simboli. Così di te molte la maternità tua e l’affetto che vi porti, suggellano in un atteggiamento, che d’amore parla e di protezione delicata e gelosa del tuo piccolo divino, a significarti auspice della maternità e l’ugual cura che a noi figli poni. Altre t’atteggiano giovinetta pura, ignara del destino che per te si prepara, come noi ignari, ingenui un po’ e sprovveduti siamo di fronte alla vita. Sono tutte retaggio dell’iconografia pagana, che la dea rappresentata cogliere vuole in quel che più la significa. Così la classicità tramandate ci ha statue d’Afrodite, che le belle fattezze della citerea mostrano generose, ma sublimi, mai volgari, che lucore d’amore da secoli su estatici d’ammirazione irradiano, e di Artemide con l’immancabile l’attrezzeria da caccia, che trasmettono anche la sua volontà di nubile restare, ostinata e gelosa della sua verginità e di quella delle ancelle sue, e di simile tante altre effigi a ricordarci stanno una particolare funzione divina, nell’innumerevole parcellizzazione del dio, in singole divinità in quel mondo fascinoso che fu il paganesimo. Sì, parlano quei marmi a chi li sappia osservare! E sempre accade qui vedere lunghe teorie di oranti in particolari giorni di devozione popolare star dietro a una tua effige e molti, devoti o no, ala fare ammirati a quei cortei, che ti dicono lodi e preghiere e cantilene. Delle estenuanti processioni del folclore del nostro meridione ho ancora più di vaghi ricordi dell’infanzia mia, invitato a parteciparvi da fin troppo zelante madre, ma continuo a disapprovare le feste popolari, che immancabili seguono quelle, e di luminarie e bancarelle e musica profana son fatte, ma che in botti finiscono e in effusioni fantasmagoriche di luce, multicolori nel buio della notte matura, e così, in faville, sprecano il denaro dei fedeli, che ben più proficuo destino aver potrebbe nell’oggi tanto incerto. Io oggi rifuggo quelle masse paganeggianti e celebrarti voglio altrimenti. Ma, mi chiedo, la preghiera corale o solitaria che è?In che differisce il sospiro a te da quello che, innamorati, alla donna nostra pur indirizziamo quando lontani, e che cosa pensiamo che a te lo porti o alla particolare donna del cuore lo rechi, forse il vento, quest’aria che si prepara a profumarsi di novelle essenze, o la volontà, il desiderio nostro che ala ad esso presti? E tu vedi talvolta pia persona in solitaria accorata preghiera impegnata, presso al santuario o nell’aula sua, devota tener tra le mani sue una tua immaginetta e su quella sospirare e a quella indirizzare le parole sue e anche i non pronunciati pensieri, e la vedi accarezzarla e baciarla alquante volte, come se, a quella questo facendo, a te direttamente quelle effusioni di casto amore subito vengano trasmesse, anzi su te proprio e non sulla icona tua, effuse. Ma questo rito e ogni altra liturgia che fondamento hanno? Promuovono un incontro col sacro che avviene nel cuore del devoto o sono già l’incontro? E toccare una tua icona è come o è proprio toccare la sacralità tua? Il devoto così crede e avverte in cuor suo. Ma sono poi molto diverse queste credenze e questo sentire, solo mera illusione per taluni, insomma è molto diversa questa fiducia da quelle che stanno a fondamento di certi rituali profani? Io credo di no. Piuttosto è la fede nel divino, la certezza che tu ascolti comunque, che ne fa la differenza e giustifica ogni approccio rispettoso e devoto per strano che sia e ridicolo appaia al profano, che a dettami d’animo turbato o disperato quelle pulsioni riduce. Non diversamente però l’atteggiamento onesto, ma scettico, giudica la pretesa di efficacia, forse solo illusione che il simile simil a sé produca, da parte del negromante, che sua malia faccia su immagine o cosa appartenuta al soggetto, cui i sortilegi suoi destina. Egli crede di sapere che se su quelli con i suoi gesti opera, è sul fatturato che sua fattura gli effetti in simultanea produce. Certo possiamo sorriderne e crederci esentati dalla creduloneria che questa presunzione recepisca fondata e le da’ dignità, ma io ho toccato non meno gratuita fiducia, che solo di se stessa s’alimenta. E’ quella pura nelle costruzioni del pensiero razionale, ma che solo su se stessa riposa. Come certo è nel settore che un po’ m’ha visto competente, ma discorso analogo altri, più colto, farebbe, onesto, per la teologia e la filosofia. Cercherò qui di illustrare il mio pensiero con qualche dettaglio, e spero non desti noia tanto peso, nel mio e tuo lettore, ne risulterà meglio giustificata la pretesa di questo tuo fedele che è te che amiamo, amando la tua icona, che ci viva accanto. Dico questo. Accade che certi fenomeni del mondo fisico possano venir descritti da un modello. E’ una pura costruzione logica, che porta alla loro rappresentazione. Ne risulta una figura geometrica difficile da descrivere perché non è nello spazio in cui immersi siamo e che di quei fenomeni è il sostrato e l’ambiente, ma in uno astratto, matematico, diciamo. Ma ha tutti i requisiti e proprietà di una del mondo concreto, disegnata che sia da natura o da uomo. Il come sia possibile, è da adepti. Ma, è questo per noi non iniziati l’aspetto saliente, quando disegnata sia, tutte le conseguenze logiche, che si riscontrano operando sul modello, dovranno avere interpretazione nella realtà rappresentata, da ricercare accuratamente. Il fondamento di questa fiducia è la fede nella logica stessa o nella matematica, ancella sua, e nessun altro avallo c’è. Mai abbandona chi v’ha speso il tempo suo e che ha costrutto una corrispondenza biunivoca tra fatti che accadono nel reale e lor rappresentazione nel modello. Quando invece taluni eventi sfuggano, la rappresentazione andrà rivista, adeguata, o cambiata del tutto, ma a quella nuova, tenace ancora la fiducia rinnovata sarà. Sì, ribadisco, il nuovo più sofisticato modello condurrà alla fiducia completa che quanto si può concludere operando su esso, è di riscontro più o meno evidente nella realtà fisica dei fatti, e viceversa. Se tutto questo avvenir può nella mera astrazione, allora anche il pensiero magico-religioso non va irriso, la fiducia che gli adepti loro vi hanno ne è il solo fondamento, da accettare o respingere, ché ha un’analogia nella logica, che degna è giudicata di fiducia di per sé, e almeno la fede nella ragione può esser accettata, assioma della scienza tutta. Il problema è piuttosto questo. E’ effettiva la corrispondenza tra il nostro modello che fede religiosa ha costrutto nel cuore nostro e quel mondo spirituale a cui accesso si vuole? E mutatis mutandis del fondamento dell’azione magica ragionando. E parlando del primo, se quello che ho in me non è illusione, allora questa concretezza non garantisce pure che quel mondo verso cui indirizzo i pensieri miei, sia reale? E daccapo mi viene un’immagine dai miei studi. Il feto, che nel buio si perfeziona, è lì con occhi che pur non vedono, ha polmoni che non respirano e intestino che cibo non sugge. Cioè è fatto di organi, che presenza giustificata non hanno, se non per la vita futura, in un mondo diverso, cui si sta preparando. Ecco io ho in me un qualcosa. Aspirazione alla pace, al bene,alla giustizia,sì, anche! Ma altro ancora... Si spiegano con questa vita? Sono essenziali per la sopravvivenza qui? Mi addormento e questo qualcosa ritrovo nei sogni, mi sveglio ed è, mi sta sempre nel cuore, e vado e quello con me va e resto e resta esso pure. E’ con me sempre, è parte di me, è insopprimibile, è come me stesso. E io di tutto dubito, ma non di essere. Ecco il tuo fondamento in me. E se qui o lì, vicina o lontana non so, ma complementare, femmina ti sento laddove sei, come quest’idolo tuo, che davanti ho, simile t’è, ché mi completa. E questo idolum, questo specchio, non mente, prende del mio e a te lo rimanda. Ma ella passiva non è, ché l’amor suo fa di più. I moti dell’animo appena accennati, amplifica, magnificandoli per l’apprezzamento tuo. E’ un compito aggiuntivo che le è naturale o che s’è data, ma certo che da amore le viene. E lagrime aggiunge e sospiri e sorrisi e gioia se appena di questi pur vago riscontro in me abbia. E’ miracolo simil donna, ti significa e in me rafforza la certezza che tu sei, anzi ci sei e non so se lontana, o vicina per lei sola! Di te è garante, è la fisicità, la tangibilità, la concretezza, di un modello, che così astratto non è. Ma pure è ciò che non solo trasmette a te, ma riceve da te e me ne fa dono! Posso io piccolo uomo, e tanti a me simili sono, desiderare di più?

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