Tra
il figlio del dio, che è il re designato dal dio, il messia, il
voluto re di Israele e il figlio dell'uomo, il giudice escatologico,
c'è uno iato, il tempo presente. Che vi accade? È un intervallo di
ambiguità, luci e molte ombre, sicuro un tempo di abbandono
completo, si perde il cristo, si perde il suo dio, ma anche lo si
recupera. Perché? Il dio permette che muoia e di croce, lo scelto,
il prediletto, il re, e per mano dei suoi, ma annienta se stesso
confinandosi daccapo nel mito. Un dio del tempio, un dio del rito, un dio del Libro, un
dio di cui ci si può illudere di vicinanza, disponibile, conforto
almeno o sperato aiuto nelle immancabili disgrazie! Ma è anche un
dio trattenuto, proprio dal suo cristo perduto! Fascinosa è di
questi la storia, soddisfa il bisogno di sempre dell'uomo, quello di
avere un garante che la vita non-senso, che gli tocca vivere, abbia
invece una ragione, uno scopo e che il male, che trattiene, sia non
il mezzo che tarpa le ali, ma il più idoneo per evadere da una
realtà altrimenti assai triste! È allora che il cristo
rappresentante il dio si fa garante del rappresentato, un prezzo
personale essendo stato proprio da lui pagato! Allora quello che lui
vuole, secondo i novelli interpreti della volontà divina, lo vuole
il dio. Rappresentato e rappresentante solo identificabili, il cristo
è il dio! Il dio smarrito non è perduto, è rimasto nel suo cristo!
E questi resta nell'umanità, diventa quel figlio dell'uomo che deve
venire per giudicare gli altri tutti! Perché? È voluto così dal
dio, è daccapo il re e non di un popolo solo, ma di tutti, è il
figlio, è il messia! E il primo tra tutti, lo scelto, è, non per
caso, il più buono, e cosa non può che volere? Il perdono per
tutti, se domandato, quale sia il debito!
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