giovedì 26 dicembre 2019

Secondo scritto nei miei settantanove anni


Come generose piogge
Nubi grevi versano
Su arida terra
E questa, così feconda,
Erbe e fiori aulenti getta,
Se un'anima chiama
Forte o piano,
O una lacrima accenna,
Pronto scende l'amore dai cieli
E, discreto e muto,
Vi ridesta fresca e odorosa la vita.
Ché cuori riscalda,
Sciogliendo geli,
E menti rinfranca,
Nebbie e fumi dissipando.
E Tu che sperperi quest'amore
A mani d'oro,
Tanta è la sensibilità del Tuo cuore,
Fa che io gli rimanga fedele.
Tu bocche e mani generose invogli
A rispondere con slancio soave
Se gemiti fraterni
Implorano desolati
Nel bisogno.
E io che farò?
Non sia io impigrito e come l'avaro diventato,
Che quel poco o tanto che ha, o crede,
All'uso di sé solo destina,
Rendimi più pronto e generoso!
Fa che, la mia vita qui ormai chiudendo,
Contagiato ancor più d'ebbrezza santa,
Nell'arida sterpaia del mio tempo
E sui torridi deserti del mio mondo,
Solerte tuo servo,
Faccia fiorire e fruttare visibilmente
L'amore Tuo divino.
Ché parlino, palpitino, preghino unisoni
La vita riamando, tanti attoscati
Cuori che, pur margherite di prato ineffabili,
Nati, tanto orrore di male a Te contende.









1 commento:

  1. Perché scrivo di Dio e della madre sua? Ché, parafrasando il nostro poeta, poca favilla gran fiamma secondi!

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