Si
bene feci, quid me caedis? È domanda del cristo,consegnato ai romani
dai suoi, ma che quelli che hanno speranza nel dio faranno nella vita
anche più volte, ma senza mai risposta diretta. La darà mai
qualcuno di qui, o qualcosa, un favorevole evento, un piccolo bene
conseguito, che spezzi la monotonia del subito? Io, che difficoltà
ho avuto fin da bambino, attendo da sempre che la vita risponda, con
una qualche sua positività almeno. E come? Forse con agognate pause
di pace, fino alla definitiva, raggiunte che io abbia le stelle! Mi
darebbero forse solo l'illusione della libertà, fuori dalla amarezza
del consueto o dall'uggia del troppo frequente. Ma, mi chiedo, dalla
libertà può mai venire la verità? Cioè è condizione che possa
suggerirla? E se sì, quale? La intellegibile ragione del dover star
qui a subire da chi o da ciò che legato è alle ragioni che fanno
questo mondo perverso? E saperlo rende forse meno legati, più
indipendenti da un destino che pare ineluttabile, cioè aumenta la
presunta libertà? Ma qui è venuto chi ha rovesciato il
sillogismo!Da, Non c'è che una verità, nessun uomo è libero,
allora io non posso esserlo, necessariamente nel destino di ogni
altro! A, Non c'è che una possibile libertà, quella che viene dalla verità
che, conosciuta, fa tutti liberi, allora fa me libero, uomo
autentico! Ma quale è? Non è forse vero che qui è venuto un
novello Socrate, che la veridicità delle affermazioni sue ha
suggellato con la morte, a dirci che solo nella sua verità sul dio,
altrimenti sconosciuto, c'è la libertà per l'uomo, quella vera,
definitiva, quella anche dal male? E non gridò, contro ogni
evidenza, morendo, che il suo amore ci destina alla felicità?
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