venerdì 5 dicembre 2014

Amore e odio



L'amore è un sentimento che ha necessità di magnificare l'oggetto del suo interesse e chi ne beneficia è libero di realizzare ciò che gli augura l'altro, che può promuoverne anzi il successo, nello svelare e far apprezzare la personalità e l'umanità sue. Assai diverso è l'odio, amarezza, giustificata o meno, di un cuore deluso, nei rapporti che con lui intercorrono, dall'oggetto del suo diniego. Ed è un sentire difficilmente unilaterale, come invece può essere l'amore, indifferente restando al suo invito l'altro. Perché l'amore può restare un'offerta disattesa, ma l'odio comporta sempre una risposta che è analoga quasi sempre, a meno che l'oggetto suo non risponda addirittura con perdono e amore all'offesa che gli viene dall'atteggiamento che l'altro gli fa subire, restando allora fedele al comandamento del cristo, con risposta simile alla sua, che sulla carne sua sperimentò fin dove può l'odio, che può desiderare e attuare l'annientamento dell'oggetto suo. Deleterio però è sempre l'odio, dà solo l'illusione di attuare il bene proprio, anche impedendo che l'altro realizzi se stesso e il suo bene. È sempre precarietà di entrambi i coinvolti che svilisce ogni loro ambizione. Quella che per lo più è celata, sempre temendo le conseguenze dell'invidia dell'altro, ritenuto sì indegno e mediocre, ma capace di nefandezza. Sì, l'altro è sempre oggetto di disappunto e disprezzo in una lotta senza regole, e, in segreto, o più o meno palesemente, se ne desidera l'annientamento appunto, ché sempre lo si vede come chi impedisce la propria felicità, pur con la semplice esistenza sua, che fastidiosamente è come gli si ponga di fronte nel suo cammino. Sì, l'odio genera altro odio quasi sempre! E per quanto vasto il mondo, quelli che reciprocamente si odiano vivono come in un carcere buio, in cui non c'è distinzione tra carceriere e carcerato, entrambi condannati a una stessa pena, in angustia e senza luce alcuna. Ma allora io mi chiedo, si può assentire all'affermazione di Papini, che l'odio non sia che amore imperfetto e inconsapevole di sé, in ogni modo migliore tirocinio d'amore che non l'indifferenza? Quando, come può esserlo? Se io odio, lo faccio come niente sia ogni valore, ogni riscontro positivo nell'altro, ben meritando una risposta analoga da costui. Ma io se continuo, impegnato nel pretendere riscontri alle mie svalutazioni ossessive dell'altro, non realizzo compiutamente me stesso. Spreco, brucio il meglio del mio, delle mie possibilità che possono restare in nuce o no, embrionali, non giungendo mai a un fine, o invece guadagnandolo con deludente ritardo. Posso allora riconoscere che la fonte della mia infelicità e non realizzazione completa è in fondo il mio stesso atteggiamento. Questa consapevolezza è già iniziare a risalire la china dal basso in cui sono precipitato e riguadagnare così luce e bene e, inconsapevole, farli riguadagnare a chi vi ho trascinato. E posso accorgermi di riottenere serenità di giudizio se rinuncio alla svalutazione preconcetta dell'altro. Processo che può continuare fino a scoprire valori prima negati, e questo può essere preludio, tirocinio d'amore, come vuole, pretende il cristo. Perché? Nell'altro possono non esserci evidenze, ma se la sua reazione si smorza e non si guarda alla superficialità e alle apparenze, ecco venir fuori il buono e il bello, che è possibile apprezzare, quando fiducia sia accordata e ben percepita dall'altro, che così può lasciarli trasparire. È allora che, nell'incredulità degli astanti, il primitivo odio ha creato, meraviglia!, premesse d'amore. L'odio è diventato problema dapprima per una coscienza onesta e ha potuto evolversi, se v'è del buono in chi lo abbia a lungo ingiustamente lasciato vivere nel proprio cuore, che se ne è ammalato. Comprendiamo, vivendo simili esperienze, il perché dell'amore sempre voluto dal cristo anche per i nemici? Siamo più preparati ad accoglierne il messaggio come comunità, come umanità, che va sempre educata all'amore? Ma il male, la colpa continuano, allora il cristo s'è lasciato morire invano? La società resta divisa in gruppi, qui il bene, nell'altra parte, ogni altra, gli avversari e il male. L'umanità in popoli, qui gente giusta e buona, altrove i cattivi che tentano di prevaricare. Proprio non c'è speranza? Forse no, se ognuno inizia dai rapporti personali e li migliora, davvero scoprendo che l'odio, è tentazione sì, ma anche possibilità, anzi già amore sebbene imperfetto, quando ad esso si sia ceduto e volontà s'abbia di uscirne! Un tirocinio che nessuno esenta, ché in tutti sorgono prima o poi le ragioni dell'odio, verso cose, istituzioni, persone, ma positivo se si diventa capaci di essere vero se stessi. Un vero sé che non classifica più cose e uomini, buoni- cattivi, giusti- ingiusti, e rinuncia a conformismi morali, ma che tutto accetta e scusa, ché riconosce che se la malattia morale è nell'altro, c'è sopratutto in esso stesso. Occasione irripetibile per capire e accettare il cristo!

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