mercoledì 25 marzo 2020

In questa pandemia



A volte, e questo è uno di quei momenti, mi sconcerta che intorno m' accada anche solo un po' di negativo, o tragico addirittura, e m'angoscia. Ché m'aumenta la paura di non sapervi rispondere in modo adeguato, dacché esisto qui con tanti problemi di corpo e spirito. È però ora che mi chiedo che sia questo dire di me e di chi m'è caro, come la donna mia, a chi non vedo, né sento. Sì, che è per me pregare? Che è la fiducia che mi fa, con i modi, le pause, i sospiri suoi propri, parlare con la preghiera? È fede, mi rispondo, e in che e chi è ciò che vorrei saper ben dire. Sicuro è la certezza che l'umanità tutta, oggi più che mai minacciata, ha che la sua ragione, e ben so da chi le viene tal dono, prevarrà sul male che l'opprime. Sì, che essa trovi ancora e sempre una soluzione ai problemi che angosciano, come quello che ora dilaga orribile. Ma per me credente c'è un che in più. Quale? So di esser, un legno, navicella solitaria in mare, che, come al momento accade, può farsi scuro e procelloso sotto cielo senza stelle. Ma che questa mia sempre possibile realtà, oggi più che mai concreta, sta in una verità. Il mondo tutto, nel suo divenire, è pur esso nave, ma galleggia in tutt'altro mare, nel bene di quella ragione che il tutto ha voluto e fatto! Ecco che mi dice in più la fede, la vita, al momento ancora più precaria, quando, dove non so, ma sarà di nuovo e in mare immane, un bene senza fine, sì, nell'amore, che chiamiamo dio!



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