A
volte, e questo è uno di quei momenti, mi sconcerta che intorno m'
accada anche solo un po' di negativo, o tragico addirittura, e
m'angoscia. Ché m'aumenta la paura di non sapervi rispondere in modo
adeguato, dacché esisto qui con tanti problemi di corpo e spirito. È
però ora che mi chiedo che sia questo dire di me e di chi m'è caro,
come la donna mia, a chi non vedo, né sento. Sì, che è per me
pregare? Che è la fiducia che mi fa, con i modi, le pause, i sospiri
suoi propri, parlare con la preghiera? È fede, mi rispondo, e in che
e chi è ciò che vorrei saper ben dire. Sicuro è la certezza che
l'umanità tutta, oggi più che mai minacciata, ha che la sua
ragione, e ben so da chi le viene tal dono, prevarrà sul male che
l'opprime. Sì, che essa trovi ancora e sempre una soluzione ai
problemi che angosciano, come quello che ora dilaga orribile. Ma per
me credente c'è un che in più. Quale? So di esser, un legno,
navicella solitaria in mare, che, come al momento accade, può farsi
scuro e procelloso sotto cielo senza stelle. Ma che questa mia sempre
possibile realtà, oggi più che mai concreta, sta in una verità. Il
mondo tutto, nel suo divenire, è pur esso nave, ma galleggia in
tutt'altro mare, nel bene di quella ragione che il tutto ha voluto e
fatto! Ecco che mi dice in più la fede, la vita, al momento ancora
più precaria, quando, dove non so, ma sarà di nuovo e in mare
immane, un bene senza fine, sì, nell'amore, che chiamiamo dio!
In questa tragedia dico qui le ragioni della mia preghiera.
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