Questo è un omaggio
alla vergine, ma attraverso l'ampio tema del perché del male. Vi ho
messo il cuore per le sperate conseguenze che giovino a me e
soprattutto a quelli che pazientano leggendo queste considerazioni.
Ma confesso che, anche dopo tutto quello che qui dirò, la
permissione del male da parte del dio per me resta un mistero, non la
sicurezza che ho che la madre nostra ci ami. Io tento di dirne, di
spezzarne il velo, ma questo subito si rinnova! Ecco, credo che il
male entri nella storia dell'uomo, pur sottoposto al dio, che lo
permette, così che anticipi qui quello che sarà il destino
dell'umanità tutta, restare nel suo amore, nonostante questo mondo,
e, nell'altro, la necessità del perdono, un capire il bene per la
sofferenza, allora voluta, ché sicuri s'è che non noccia! E quando
pienamente attuato sarà questo destino d'amore? Quando tutta sarà
chiamata nell'oltre, le apparenze di questo mondo cessate, e nel
perdono del dio si sarà tutta ritrovata. Ora tra le tante illusioni,
che velano qui questa realtà che il male include, sono possibili
valutazioni, giudizi anche morali errati e congetture verosimili
soltanto, e forse c'è anche apparenza che la positività di questa
presenza maligna, che sconcerta, si restringa all'opportunità che
nel mondo entri ancora colui che perennemente parli per il dio e del
dio, Yahusha qui chiamato, ma nell'ufficio suo, il cristo del dio. E
dovrà continuare a farlo a una umanità vessata allora e oggi da una
sofferenza continua, che pare senza scampo e per questo tentata di
misconoscerlo come sostegno e schermo al male, di perderlo come scopo
ultimo di vita. Lo farà e lo fa, tuttora in vari modi, come grande
medico, come speciale profeta degli ultimi tempi e con un
suggerimento tutto nuovo, che diventa vincolante se lo si vuol
seguire, un comandamento sì nuovo, ma che gli altri include. Vi
riuscì, vi riesce oggi ancora? Forse! Ma, mi chiedo, non sono tutte
cose presto destinate all'oblio, che non mossero e muovono i cuori
dei coreligionari suoi e poco davvero quelli degli altri uomini
d'allora e d'oggi? Se così, allora il male contrastante le sue
azioni di bene, fece e fa più ancora nella positività sua nascosta,
perché permette che quel venuto dall'autorità conquistata, abbia
pronunciato e ancor oggi pronunci un “ma io vi dico” che abbia la
massima estensione e riguardi tutti, i già stati, gli attuali e
quelli che verranno a subire proprio questo male soffocante. Perché?
Tenterò una risposta.
Intanto noi uomini
d'oggi non ci contentiamo di parole rassicuranti, e per riconoscerlo
come colui che è mandato, il cristo, l'unto del dio, abbiamo bisogno
di qualcosa di unico che abbia significato perenne, o che almeno duri
finché verificabile, cioè la vita tutta copra, almeno del singolo e
di chi o che vi partecipi. Ecco quell'uomo parla ancora oggi di ciò
che è essenziale per l'uomo che voglia seguirlo, questi deve amare
tutti e deve farlo anche, o di più, per i nemici. Questo aspetto è
novità assoluta! Se prossimo è chi spartisce un destino o vi
contribuisce arricchendolo del suo, mosso da benevolenza, allora è
naturale condividere con lui almeno un po' di bene, ma il comando
invita a darne tutto il possibile e non a lui solo. Ma, personale, il
nemico non è estraneo al proprio vissuto, è piuttosto chi ne
diviene arbitro perché quella sorte invidia e cerca di farla buia e
grama, motivato da malvagità palese talvolta e da malizia per lo più
ascosa. Ed è scontato temerlo e fuggirlo e certo lui da chi
danneggia, non s'aspetta che risposta reattiva, non il perdono, non
la benevolenza, invece comandati. Questo comandamento allora è una
richiesta sovrumana e non credo che sia stato possibile attuarlo
nella storia terrena di alcuno, tranne che a lui stesso, che ne subì
tutte le più amare conseguenze fino al supplizio della croce. Ma
allora che dice la sua storia inimitabile, che affascina e respinge,
a questa comune pavida umanità, che piccola si sente di fronte al
tanto detto e attuato? Risponde che l'amore comandato, che pretende
l'inclusione dei nemici, non viene da nessun altro che sia stato al
mondo e che vi potrà mai essere, perché le cose di qui suggeriscono
tutt'altro, amore ristretto a pochi che lo contraccambino e i nemici
tenuti lontani, così che restino prevedibili nelle temute loro
azioni proditorie e deleterie. Allora egli è colui che suggerisce un
oltre, un dopo, in cui il sempre tentato amore per tutti divenga vero
possibile. Questo deve esistere se lui lo ha anticipato e
testimoniato fino al sacrificio, con radicale amore qui estraneo a
ogni vicenda umana. È un oltre senza più tempo, se tutto il bene
c'è e non diviene, senza più il male contrastante!
Allora quello che è
qui accaduto, lì è sempre attualizzato. Forse le sofferenze sue che
qui avevano il significato di testimonianza del vero, lì possono
significare anche altro, così partecipazione per amore a ciò che
noi, deficitari suoi seguaci, abbiamo da farci perdonare dal dio. Sì,
il nostro manco d'amore, proprio da colui che lì deve stare, ed è
qui pensato e sperato padre nostro e suo. Ma lui è qui venuto da una
vergine, Maria o Miriam chiamata, e questo suo nascere, nell'oltre
deve conservare una essenzialità, lui è il perennemente generato
dal dio e dalla madre sua! Questo svela che il dio ha duplice natura,
è anche madre. Se questo accade a lui, interessa noi tutti, quando
perdonati gli diverremo veri fratelli. La vergine qualunque sia stato
qui il suo destino, anche di successiva sposa di un uomo, non è,
così il figlio suo, di qui, ha natura e ragione nell'oltre. Cosa lo
prova? Ella ha certo seguito il destino del figlio, che è qui
risorto con la carne donata dalla madre sua, anche se il racconto
evangelico ci dice che il corpo, vero risorto, la tomba sua rimasta
vuota, venne trasformato, sublimato, perché entrò nel cenacolo dove
stavano, timorosi di analoga sorte subita dal maestro, i suoi, e vi
entrò a porte chiuse! Poi è detto che salì, dopo altre
manifestazioni della presenza sua amorevole verso i rimasti, al
cielo. E lo seguì certo la madre sua dolce, quando la morte sua, al
figlio piacque che accadesse per riaverla con sé. Allora tutta la
storia umana che si svolge qui da sempre frammista al male che
qualcuno accentua per la sua e l'altrui disgrazia, ha un suo
significato nel dopo, nell'oltre in cui incontreremo il dio e la
natura sua sarà comprensibile. Allora qui in questo mondo il dio ha
ipostasi femminile ed è Miriam! Ma della sua natura non parla già
il racconto della creazione dell'uomo? Il dio trasse dalla terra
Hadam, il terroso appunto, e lo fece a sua immagine. La traduzione
dei LXX è precisa nella ricchezza della lingua greca e rende
l'appellativo con “anthropos”, cioè chi ha natura umana, maschio
e femmina non ancora distinti. Quando in seguito il dio separò da
lui la femmina, Hadam restò maschio! Ma ancora, non è forse scritto
che il dio diede inizio alla vita mediante la sua parola e la sua
rùach, nome femminile in ebraico, quindi con azione generante anche
come quella di una madre? Proprio come fece qui Miriam donando al
figlio la sua natura umana! E il suo nome, che nell'etimologia sua
significa amata o forse amore, è per noi, credenti nel figlio suo,
da invocare, ella è colei che sussurra a ogni cuore e dice le sue
parole afone che esso solo intende! E sono parole d'amore!
Il dolore che qui
subiamo ci induce al peccato, sempre, benché tanto diversificato,
da difetto d'amore, ma ogni deficienza, ogni iniziativa cattiva è
stata presa su sé da colui che ha colmato i manchi nostri d'amore e
ci ha riscattati. Il suo dolore ha giustificato il nostro come
preparatorio del suo, cioè anticipante benché l'attuale nostro ne
sembri posteriore nell'apparenza. Tutto è accaduto e accade per il
cristo perennemente veniente nella vita di ognuno di noi! Il male
torna ad essere ciò che necessario per la comprensione di ciò che
esso contrasta e chiamiamo il bene, solo che il bene non è ciò che
resta al di là delle nostre aspirazioni alla felicità, è più
ancora. Qui invidia e odio generano ogni altra cattiveria e cosa
sporca. Ma son fatti dolorosi che invitano al superamento, anche se
potrà essere solo parziale, quando riuscito, restandone conseguenze
e ricordo amari, ma per quanto grave e ingiusta, anche solo parziale
sarà stata la terribile esperienza del contatto sgradito ed
esasperante col male. Già chi ci è accanto subisce qualcos'altro,
un di più, che lo porta a piangere o a gridare più forte! Allora il
bene è l'oltre di ogni possibile male! Per questo uno è venuto a
far giustizia completa all'umanità tutta, prendendo su sé il dolore
di ogni singolo e la sua carenza d'amore, il suo peccato. Questi non
ha ripetuto il già detto dal serpente biblico, “ scientes bonum et
malum”. Non è questa una tentazione, da allora sempre ricorrente,
di annullare ogni differenza col dio? Saremmo forse qui capaci di
tanto? Non dovremmo sperimentare, prender su noi il dolore di tutti e
il peccato d'ognuno? Ne avremmo forse la capacità? Non è forse vero
che non ne reggeremmo il peso, già troppo gravoso il male personale?
Ma a lui è stato possibile tanto, superare peccato e dolore, perché
solo in lui l'uomo e il dio coincidono!
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