domenica 6 dicembre 2015

Omaggio a Maria


Questo è un omaggio alla vergine, ma attraverso l'ampio tema del perché del male. Vi ho messo il cuore per le sperate conseguenze che giovino a me e soprattutto a quelli che pazientano leggendo queste considerazioni. Ma confesso che, anche dopo tutto quello che qui dirò, la permissione del male da parte del dio per me resta un mistero, non la sicurezza che ho che la madre nostra ci ami. Io tento di dirne, di spezzarne il velo, ma questo subito si rinnova! Ecco, credo che il male entri nella storia dell'uomo, pur sottoposto al dio, che lo permette, così che anticipi qui quello che sarà il destino dell'umanità tutta, restare nel suo amore, nonostante questo mondo, e, nell'altro, la necessità del perdono, un capire il bene per la sofferenza, allora voluta, ché sicuri s'è che non noccia! E quando pienamente attuato sarà questo destino d'amore? Quando tutta sarà chiamata nell'oltre, le apparenze di questo mondo cessate, e nel perdono del dio si sarà tutta ritrovata. Ora tra le tante illusioni, che velano qui questa realtà che il male include, sono possibili valutazioni, giudizi anche morali errati e congetture verosimili soltanto, e forse c'è anche apparenza che la positività di questa presenza maligna, che sconcerta, si restringa all'opportunità che nel mondo entri ancora colui che perennemente parli per il dio e del dio, Yahusha qui chiamato, ma nell'ufficio suo, il cristo del dio. E dovrà continuare a farlo a una umanità vessata allora e oggi da una sofferenza continua, che pare senza scampo e per questo tentata di misconoscerlo come sostegno e schermo al male, di perderlo come scopo ultimo di vita. Lo farà e lo fa, tuttora in vari modi, come grande medico, come speciale profeta degli ultimi tempi e con un suggerimento tutto nuovo, che diventa vincolante se lo si vuol seguire, un comandamento sì nuovo, ma che gli altri include. Vi riuscì, vi riesce oggi ancora? Forse! Ma, mi chiedo, non sono tutte cose presto destinate all'oblio, che non mossero e muovono i cuori dei coreligionari suoi e poco davvero quelli degli altri uomini d'allora e d'oggi? Se così, allora il male contrastante le sue azioni di bene, fece e fa più ancora nella positività sua nascosta, perché permette che quel venuto dall'autorità conquistata, abbia pronunciato e ancor oggi pronunci un “ma io vi dico” che abbia la massima estensione e riguardi tutti, i già stati, gli attuali e quelli che verranno a subire proprio questo male soffocante. Perché? Tenterò una risposta.

Intanto noi uomini d'oggi non ci contentiamo di parole rassicuranti, e per riconoscerlo come colui che è mandato, il cristo, l'unto del dio, abbiamo bisogno di qualcosa di unico che abbia significato perenne, o che almeno duri finché verificabile, cioè la vita tutta copra, almeno del singolo e di chi o che vi partecipi. Ecco quell'uomo parla ancora oggi di ciò che è essenziale per l'uomo che voglia seguirlo, questi deve amare tutti e deve farlo anche, o di più, per i nemici. Questo aspetto è novità assoluta! Se prossimo è chi spartisce un destino o vi contribuisce arricchendolo del suo, mosso da benevolenza, allora è naturale condividere con lui almeno un po' di bene, ma il comando invita a darne tutto il possibile e non a lui solo. Ma, personale, il nemico non è estraneo al proprio vissuto, è piuttosto chi ne diviene arbitro perché quella sorte invidia e cerca di farla buia e grama, motivato da malvagità palese talvolta e da malizia per lo più ascosa. Ed è scontato temerlo e fuggirlo e certo lui da chi danneggia, non s'aspetta che risposta reattiva, non il perdono, non la benevolenza, invece comandati. Questo comandamento allora è una richiesta sovrumana e non credo che sia stato possibile attuarlo nella storia terrena di alcuno, tranne che a lui stesso, che ne subì tutte le più amare conseguenze fino al supplizio della croce. Ma allora che dice la sua storia inimitabile, che affascina e respinge, a questa comune pavida umanità, che piccola si sente di fronte al tanto detto e attuato? Risponde che l'amore comandato, che pretende l'inclusione dei nemici, non viene da nessun altro che sia stato al mondo e che vi potrà mai essere, perché le cose di qui suggeriscono tutt'altro, amore ristretto a pochi che lo contraccambino e i nemici tenuti lontani, così che restino prevedibili nelle temute loro azioni proditorie e deleterie. Allora egli è colui che suggerisce un oltre, un dopo, in cui il sempre tentato amore per tutti divenga vero possibile. Questo deve esistere se lui lo ha anticipato e testimoniato fino al sacrificio, con radicale amore qui estraneo a ogni vicenda umana. È un oltre senza più tempo, se tutto il bene c'è e non diviene, senza più il male contrastante!

Allora quello che è qui accaduto, lì è sempre attualizzato. Forse le sofferenze sue che qui avevano il significato di testimonianza del vero, lì possono significare anche altro, così partecipazione per amore a ciò che noi, deficitari suoi seguaci, abbiamo da farci perdonare dal dio. Sì, il nostro manco d'amore, proprio da colui che lì deve stare, ed è qui pensato e sperato padre nostro e suo. Ma lui è qui venuto da una vergine, Maria o Miriam chiamata, e questo suo nascere, nell'oltre deve conservare una essenzialità, lui è il perennemente generato dal dio e dalla madre sua! Questo svela che il dio ha duplice natura, è anche madre. Se questo accade a lui, interessa noi tutti, quando perdonati gli diverremo veri fratelli. La vergine qualunque sia stato qui il suo destino, anche di successiva sposa di un uomo, non è, così il figlio suo, di qui, ha natura e ragione nell'oltre. Cosa lo prova? Ella ha certo seguito il destino del figlio, che è qui risorto con la carne donata dalla madre sua, anche se il racconto evangelico ci dice che il corpo, vero risorto, la tomba sua rimasta vuota, venne trasformato, sublimato, perché entrò nel cenacolo dove stavano, timorosi di analoga sorte subita dal maestro, i suoi, e vi entrò a porte chiuse! Poi è detto che salì, dopo altre manifestazioni della presenza sua amorevole verso i rimasti, al cielo. E lo seguì certo la madre sua dolce, quando la morte sua, al figlio piacque che accadesse per riaverla con sé. Allora tutta la storia umana che si svolge qui da sempre frammista al male che qualcuno accentua per la sua e l'altrui disgrazia, ha un suo significato nel dopo, nell'oltre in cui incontreremo il dio e la natura sua sarà comprensibile. Allora qui in questo mondo il dio ha ipostasi femminile ed è Miriam! Ma della sua natura non parla già il racconto della creazione dell'uomo? Il dio trasse dalla terra Hadam, il terroso appunto, e lo fece a sua immagine. La traduzione dei LXX è precisa nella ricchezza della lingua greca e rende l'appellativo con “anthropos”, cioè chi ha natura umana, maschio e femmina non ancora distinti. Quando in seguito il dio separò da lui la femmina, Hadam restò maschio! Ma ancora, non è forse scritto che il dio diede inizio alla vita mediante la sua parola e la sua rùach, nome femminile in ebraico, quindi con azione generante anche come quella di una madre? Proprio come fece qui Miriam donando al figlio la sua natura umana! E il suo nome, che nell'etimologia sua significa amata o forse amore, è per noi, credenti nel figlio suo, da invocare, ella è colei che sussurra a ogni cuore e dice le sue parole afone che esso solo intende! E sono parole d'amore!


Il dolore che qui subiamo ci induce al peccato, sempre, benché tanto diversificato, da difetto d'amore, ma ogni deficienza, ogni iniziativa cattiva è stata presa su sé da colui che ha colmato i manchi nostri d'amore e ci ha riscattati. Il suo dolore ha giustificato il nostro come preparatorio del suo, cioè anticipante benché l'attuale nostro ne sembri posteriore nell'apparenza. Tutto è accaduto e accade per il cristo perennemente veniente nella vita di ognuno di noi! Il male torna ad essere ciò che necessario per la comprensione di ciò che esso contrasta e chiamiamo il bene, solo che il bene non è ciò che resta al di là delle nostre aspirazioni alla felicità, è più ancora. Qui invidia e odio generano ogni altra cattiveria e cosa sporca. Ma son fatti dolorosi che invitano al superamento, anche se potrà essere solo parziale, quando riuscito, restandone conseguenze e ricordo amari, ma per quanto grave e ingiusta, anche solo parziale sarà stata la terribile esperienza del contatto sgradito ed esasperante col male. Già chi ci è accanto subisce qualcos'altro, un di più, che lo porta a piangere o a gridare più forte! Allora il bene è l'oltre di ogni possibile male! Per questo uno è venuto a far giustizia completa all'umanità tutta, prendendo su sé il dolore di ogni singolo e la sua carenza d'amore, il suo peccato. Questi non ha ripetuto il già detto dal serpente biblico, “ scientes bonum et malum”. Non è questa una tentazione, da allora sempre ricorrente, di annullare ogni differenza col dio? Saremmo forse qui capaci di tanto? Non dovremmo sperimentare, prender su noi il dolore di tutti e il peccato d'ognuno? Ne avremmo forse la capacità? Non è forse vero che non ne reggeremmo il peso, già troppo gravoso il male personale? Ma a lui è stato possibile tanto, superare peccato e dolore, perché solo in lui l'uomo e il dio coincidono!

Nessun commento:

Posta un commento