mercoledì 2 dicembre 2015

L'amore che salva



Nella parte antica della Bibbia, che chiamiamo "antico testamento", il rapporto del dio con la comunità dei credenti, è quello dell'uomo con la sposa sua. Per questo la lingua del tempo non distingue i verbi "coire" e "conoscere". Il dio è il maschio che conosce la sua femmina. Così sa le esigenze sue, i suoi bisogni, cui provvede se, e nella misura in cui la sposa gli si mantiene fedele. La posizione di tutti è perciò quella di donne del dio, dal momento che il popolo tutto ne è la sposa. Molto diversa è la realtà dell'uomo d'oggi, maschio o femmina, il dio non è più colui che conosce possedendo la femmina sua, ma chi va scoperto, accettato, inserito nella propria vita, conosciuto. Il dio non è più palese, perché ogni popolo antico si diceva appartenere a uno o più dei, ma è divenuto deus absconditus, quindi da svelare, scoprire almeno per se stessi. Ecco, io posso essere alla ricerca affannosa del dio, ne ho necessità di vita. Cosa mi può aiutare? La Bibbia? Credo lo possa solo il cristo, perché la sua legge d'amore ha la massima estensione possibile. Essa include i nemici! Questo suo consiglio, anzi comando deve farsi norma, esigenza di vita per essere e sentirsi suoi seguaci, suoi imitatori. Ma è legge così ardua che non può essere da uomini, sia nello sforzo di coerenza, richiesta a ogni passo verso l'altro, ma soprattutto nella sua origine, che non è in nessun'altra storia umana. Cioè il comando del cristo di amare a questo modo non può venire da questo mondo, che piuttosto invita all'amore solo per chi ci riama, all'indifferenza per gli altri, quando non all'odio. Allora se è legge estranea al mondo deve venire da un oltre. C'è una realtà, un fuori, un dopo questo mondo, da cui lo stesso cristo deve venire, in cui c'è la presenza di un qualcuno che proprio con lui si svela, si fa conoscere nell'amore. E che quindi si fa donna per chiunque lo cerchi e ne diviene sposa! I ruoli non sono più gli antichi, si sono oggi scambiati, il dio vuole farsi conoscere, come la sposa che invita a conoscerla, a “coire”, il suo amato. Il cristo testimonia il dio perché è coerente con l'amore che sente per tutti fino a subirne conseguenze estreme, l'accusa, il giudizio, il supplizio. Vicaria l'umanità tutta? Sì, nella deficienza più o meno vistosa che ciascuno ha del proprio amore. Egli così prende su sé ogni peccato, degli uomini del tempo suo, dei già stati, di quelli di oggi e che verranno, perché la mancanza d'amore è il male vero, che ci affligge in ogni epoca e permette ogni altro errore o peccato. Sì, il peccato pur nelle tante diversità, è sempre riducibile a una carenza d'amore. Ma l'amore è di per sé sofferenza, anche quello che ha qui contraccambio in misura soddisfacente per attenuare l'ansia di chi propone il suo, ma soprattutto se negato o è verso l'indegno. Sì, raggiunge un vero manco buio nel cuore se tentato verso il nemico. Questi spesso, di fronte all'atteggiamento dell'altro, che comunque gli parrà ambiguo, scambierà facilmente la benevolenza per debolezza e forse ne approfitterà, pronto a un supplemento di male da far patire al fiducioso che lo avvicina, seppure cauto, ma ora divenuto, ma non chiaramente, solo antico antagonista. Non fecero di simile al cristo? Allora se non palesemente, si deve forse amare nel cuore questo indegno o si deve correre il rischio di una sua reazione, scoprendo comunque e a caro prezzo, in sé stessi quanto fecondo sia questo nuovo modo d'amare? Ma se eccessivi nella cautela potremmo scoprire di essere tanto pavidi da negarci l'amore vero, quello che il cristo consiglia, anzi comanda. Allora egli, il cristo, anticipando il dolore da carenza che ne avrà il dio per proposta a esito mancato, ché tentata in troppa prudenza, e per questo non conosciuta dall'interessato, vi supplisce, e allora colma l'anima del destinatario e nostra e ci rende capaci di chiedere, almeno postumo, il perdono al dio. Io nulla ho fatto, sono stato incapace, dovremo confessare col nemico nostro! La storia dell'umanità sta tutta nel suo cristo, egli ha supplito a ogni carenza prendendo su sé il peccato di ognuno, che, a ben vedere, lo ribadisco, è sempre un manco d'amore. Viene a dirci, viene a mostrarci, ciò che dovremmo e prende su sé l'incapacità nostra piccola o grande. La coscienza di essere deficitari d'amore spingerà, nella preghiera, a chiedergli di dar del suo, capacità e coerenza. Queste se già qui saranno nostre, allora per noi sarà l'imitazione completa della vita sua, se postume, ci daranno il rimpianto di non esserne stati adeguati al compito. Questo dolore ci riscatterà al cuore del padre suo e nostro, che si farà conoscere finalmente come anche madre sua e nostra in pienezza e completezza d'amore. E allora il cristo vero salva. Sì possiamo gridarlo, Tu sei il nostro salvatore, ché qui ci indichi la via, di là la meta! E la madre sua dolce sta per divenire nuovo aspetto del dio! E' lei l'amore!

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