venerdì 23 gennaio 2015

Ho amato?



Quando anche dai propri tanti anni, molto si dice sapendo poco del mistero della vita qui, si rischia sempre di dire sciocchezze. Perfino al pater patrum è accaduto, con l’umanissima, ma assai poco cristiana, reazione minacciata ad eventuali mal dicerie sulla madre sua! È forse tempo che smetta di parlare tanto dal mio poco? Ho ancora paura delle sciocchezze che, inevitabili e forse tante, già venute fuori mi sono? Devo ancora convincere me stesso della certezza del mio poco, o piuttosto vorrei che da esso ci fosse chi costruisse il suo molto? E allora ribadisco che il dio pretende molto da me e da tutti, l’amore! Null'altro ha importanza, purché tentato per tutti e tutto in questo vasto mondo, proprio tutti, inclusi i nemici perfino! Mai stancarsi di ripeterlo a se stessi! Difficile il così preteso, e forse vano lo sforzo, come voler raggiungere l’orizzonte o il cielo di mille e mille fiammelle toccare! E allora mi chiedo, Ho amato, amo nel senso ampio preteso in uno sforzo eroico? Comincio da come credo s’affacci la vita e la mia rivedrò nei fatti salienti e risponderò, con sincerità spero! Sembra della stessa mediocrità per tutti e invece riserva ad ognuno qualcosa di peculiare, cosa? La ricettività e la reazione al dolore, che da tanto diffuso male viene a tutti, e di simile fa della gioia, assai più rara. Quando piccolo ero, pensavo che tutti fossimo allo stesso modo poveri, esposti allo stesso modo a occasioni di rinuncia e di pianto, rare, per me almeno, quelle di vera spensieratezza e gioia, dopo che solo restato ero, volato mio fratello alle stelle. Ma tra noi bambini qualcuno v’era, o con scarpe nuove o sempre appena lucidate, e con grembiule senza rattoppi e lindo, e in ordine, di brillantina unti, i capelli, e mai mangiava il pasto che a tutti offriva la scuola, tante nel dopoguerra le difficoltà. Il maestro ne aveva palese attenzione, forse perché i loro genitori, assai distinti e rispettosi del ruolo suo, venivano talvolta per sentir di lor progressi e lui ne aveva tal riguardo da interrompere la lezione per conversare un po’ con loro. E poi quando quei compagni disattenti o distratti pur erano sorpresi, ne era più indulgente che con ogni altro, pronto a minimizzare pure se uno di noi, più sprovveduto, una lor prepotenza, pur osservata, subiva. Così anche per questi fatti cominciai capire quanto ingiusta fosse la vita nella società nostra e, rimasto solo, molte difficoltà me ne vennero anche dai compagni meno sprovveduti di me e più grandi, non più protetto dal fratello amato. E invano ho cercato tutta la vita di ritrovarlo, per aver certezza nell'amore offerto o atteso. Ma molto godibile era la natura d’allora, tutta d’alberi annosi, erbe e fiori novelli e stelle tante a brillare in notti serene di scarse artificiali luci soffuse, e mi permetteva, sostandovi, di sognare anche ad occhi aperti. Così alle fantasticherie dell'età aggiunsi i sogni sulle prime ragazze incontrate di cui rimanevo quasi sempre incantato, tanto diverse e aggraziate a me parevano e belle tutte. Quelle, pur scegliendo tra noi, illudendoci di nostra scelta, non davano troppa importanza alla condizione sociale nostra, ma certo dovevano spazientirsi della mia eccessiva timidezza. Ero e sono così. Ma io ho vivido ricordo di una biondina audace con la quale subito fu intesa, ma via mi fu portata e più nulla ne seppi, forse tra gli angeli la ritroverò e tra i campi del cielo, e come tra quelli di qui m’aspettava, lì di simile forse farà, sì, quando usavamo fingere di smarrirci per star un po' nascosti a strofinarci musi e nasi. Cominciai a pensare che le femmine fossero un’umanità a parte e migliore e lo penso ancora e ne ho rispetto se una cede alle facezie mie, e poi soprattutto ho tenero ricordo della madre mia. Mantenni la convinzione nonostante qualche dolorosa smentita, ma anche quelle rinunciatarie dell'affetto mio, penso ora serene e di gioia motivo per qualcuno e, con un po’ di nostalgia per l’età in cui per me proprio lo facevano, le vedo sorridere ancora, belle sempre nelle persone loro, giovani, ma ora diafane quasi nel ricordo. Non importa di chi esse siano, e così sono un po’ per me ancora, sì io sto nel ricordo loro! Ma di una m’accoro, ché perso ha il linguaggio della bell'anima sua! Ma anche lì, nel suo sé, con lei imprigionato m’illudo d’essere, alla dolcezza degli approcci miei noi due rimasti! Mi venne al fine la desiderata, subito tutta mia senza tentennamenti e ripensamenti, tuttora mai stanca
di me e sempre gelosa un po’ pur dei ricordi miei, ma che sempre trova nuove e gradevoli le mie facezie e le parole e i gesti per lei, e questo fa la mia favola con lei, gioia dal poco o forse dal molto,
comunque solo nostro. E intuire mi fa, col suo, l’amore divino, e così ne congetturo e ne sogno e lo cerco di continuo in lei, negli occhi, nei gesti suoi, nelle parole e nel tono loro. Così la ricerca mia negli altri tutti, che lui ha comandato d’amare per amarlo, ha senso partendo da una certezza, l’amore scambiato con la mia donna, che sicuro un po’ del divino ha, e talvolta mi illudo di avvertirne perfino l’afflato, tale la fattiva benevolenza da lei e l’attesa un po’ da tutti. Certo, per saperne di più, è forse tempo che torni alla mia ingenuità d’un tempo, quando frequenti erano le illusioni e piacevole starne all'ombra o al calduccio, che schermo erano, e forse sono ancora, alla vita di troppe brutture. Ma che farò col dolore che preme da ogni parte tutti e non mi risparmia? Come attenuarlo, visto che ignorarlo non posso? Non solo quello che ci viene dalla malvagità diffusa, ma dalle tante altre presenze del male. Ecco uno qui ha relazioni più o meno strette con i suoi simili. Se i più prossimi toccati sono, con spiacevole sorpresa, da ciò che sempre eccessivo capita a chi dal male è preso, ne diventa maggiore la coscienza di chi v’assiste impotente e con sempre inadeguata risposta al dolore nella dura concretezza sua, e a lui non si limita la pena, ma prende tutti quelli che hanno affetto diretto per il sofferente, o mediato dal dovuto al dio, in tutti e tutto presente. E che dire dello scempio della terra dei fuochi, avvelenata? Ha anche, o più, nei più piccoli le vittime sue, da far piangere tante, troppe madri. L’unica speranza è che i capi di quei malvagi, responsabili di tanta barbarie, si ravvedano e si facciano promotori con le loro molte sostanze di quella bonifica, che tarda nonostante le promesse dei politici parolai, sempre rinnovate. Per rendermi la consapevolezza di tanto dolore più tollerabile, forse tornare devo alla natura, a quella scampata alla follia umana. Ma occorrerà salga ai nostri monti, o alla collina del faro, se tanto su andare non potrò. E se delle sue cose belle ancora godrò, ecco più prossimo avvertirò il mio paradiso. Certo mi angustia di continuo il pensiero di piccoli nel pianto ad opera di presenze malvagie e pregare devo, e molto, che si attenuino i danni per loro. Non mi riferisco solo alle malattie, naturali od ora anche ambientali, terribili più ancora in corpi e menti così piccoli, ma a tutto ciò che di sgradevole creano intorno gli adulti con le tante egoistiche bagatelle loro, e anch'io da piccolo ne soffrivo. Del perché di tanta sofferenza ho la risposta semplicistica che qui proprio stiamo a vivere, apparentemente lontani dal dio, e a noi soli, egoisti, badiamo. Anzi per quel che di spiacevole ci accade, di continuo stiamo a lamentarci di sentirci già, o più, vecchi, e così sprovveduti e fragili, mentre il vissuto dei piccoli può farsi tragico e io ne so fin dall'infanzia mia, poco dovuta durare. Ecco, se un po’ di fede mi rimane, saprò di capire ché qualcuno è già venuto a prendere specie dei piccoli la sofferenza e a farla sua. Sì, perché con essa ogni male s’affretti, corra al disfacimento suo, così anche per me più prossimo sarà il paradiso se la preghiera sosterrà il mio impegno, da cui nemmeno ora, se vero vecchio, ho il diritto di desistere. Sì, occorre io continui ad avvertire le pene di ogni altro per mie, e la fossa scavata ogni giorno dal bieco, sempre per uno che m’è caro e così preparata a me stesso. Solo così tutto quello che ciononostante di bene e bello mi capita, anche se un appena, e che la mia donna tenacemente continua a propormi magnificandolo, avvertirò come anticipo di paradiso, ché sto tra chi un po’, o più di un po’, pur m’ama, e mi basterà, da qui tanto lontane le stelle! Ecco ora posso rispondere, Più che amare tanto, sono
stato amato, sono amato. Sì, è proprio già qui il mio paradiso e chi entrare vi vuole, entri!

Maria mulier, cujus amoris non est numerus.

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