venerdì 9 gennaio 2015

Amore da rinuncia




Dopo la barbarie di Parigi, l’evidenza , Il dio è grande, va precisata. Grande in che? C’è una sola risposta, è grande d’amore! Egli ama l’uomo, ogni vivente, ogni cosa, non solo sotto il sole, ma ogni possibile cielo. E come l’universo, sua creazione, s’espande, così l’amore divino, aderendo all'oggetto suo. Ma più ancora, come quanto tutto quello che l’esistente circonda, ha la potenzialità d’accogliere la fisicità sua, così anche fa luogo all'amore divino, e di simile se ne impregna quando, appena novello, si affaccia all'esistenza, non importa se qui o nelle galassie estreme. Forse tutto sta correndo verso l’amore che sta anche oltre e lo attrae, e ben ne ha visto il poeta nostro nella Comedìa sua. Allora qui parlerò d’amore, il nostro terreno anzitutto e ne riferirò da una piccola mia vicenda, però non mi fermerò ad esso, ma, per un utile per molti, cercherò di capire cos'è che l’amore umano ha del divino. Ecco, la donna mia amore mi dimostra e me lo accresce, ma se altra coinvolta vi volessi, e non c’è, presto convincermi dovrei che, per quanto grande esso sia nella natura e manifestazioni sue, cosa non è che spartir si possa. Forse poche o nessuna divieto simile hanno le cose umane, che il cuore metaforico nostro definiscono e occupano. Assai diverso è quello che la bella del cielo ha, che tutta amore è, e lo conosceremo appieno quando il nostro simile al suo sarà. Ella già diffuso qui lo vorrebbe, da coinvolgere molti nell'invito suo, anzi così ne resterebbe accresciuta la felicità sua, la stessa che nostra sarà. Ma benché quello umano ne sia preludio, che di intuirlo permette, non ne resta che poco in comune oltre alla spontaneità e intensità, che talora in noi ha questo sentimento, mancando la caratteristica propria di quello divino, la aperta, non ristretta al singolo, condivisione. Certo al nostro amore terreno, dolce invito è l’aspetto della donna sospirata, ma ché quello che piace diventi più ancora, occorre la conoscenza dei pensieri, speranze, le cose dette o taciute, cioè leggere l’anima e la storia sua ascoltare, trovandola di simile bella o più ancora da innamorarsene. Questo l’amore vero destinato a questa vita e all'oltre. E se io dicessi oggi che sento questo per altra donna, direi quel di più che non c’è, ma non poco se dico che una entrata m’è nella tenerezza. Da quando? Dopo che la sua conoscenza, un po’ voluta, un po’ fortuita, è stata arricchita da notizie, non richieste, sulle sue fortune di vita, già prima che sensazione m’avesse dato di averne vinto la diffidenza e forse l’indifferenza. Io tentato ho, vincendo ogni sua ritrosia e mia timidezza, di parlarle, ma non dell'immediato futuro, che forse già non m’appartiene, ma di quello senza tempo, che potrà esserci comune. Quando? Al tempo che nuova stella sarà nel mio cielo e io chiamarla potrò col nome suo, quando ella ben rispondermi dovrà se insistente sarò nel richiamo mio. Lì l’amore divino sarà comandato, che non nega precedente affetto, ma altri ne consente, l’antico non restandone diminuito, ma esaltato, non soffrendone, ma di novella gioia arricchendosi, peculiarità del luogo suo, lì tra le stelle. Deve ella aver preso questa congettura anticipatrice del dopo, per facezia, come col mio tono solo semiserio devo averle suggerito, o forse per una delle romanticherie che nascono in persona più che matura, quando per una assai più giovane interesse ne sorga e dimostri. Ma c’è molto di più. Io non so quanto tra queste apparenze restare potrò, e possa vivere per quella che già nel cuor mio significa amore e per quella cui sembro prometterlo, almeno così ne giudicherebbe la prima, anche senza che l’altra vi speri, a ragione diffidente diventata d’ogni mia vicenda. Sì, io non so quanto qui mi viva, cioè mi sia concesso lasciar vivere qui me stesso, dono divino qui e dopo la vita, cioè non so quando altrove la vita mia continuare potrò, portandoci i ricordi belli e gli affetti di qui. Ché forse presto chiamato sarò al luogo in cui impegnati si resta un po’ o più, nella richiesta di perdono per i fatti qui vissuti, deficitari quando non malevoli, e così sempre peccaminosi, finché altrove la bontà divina ci destini. Intanto qui nel dolore avrò lasciato la donna mia, in angoscia d’abbandono, e anche, un po’ almeno, delusione o addirittura piccolo dolore ne avrà la nascente chimera. Può forse questo chi dà o sembra promettere amore? Ben poco in verità quello dato, anche se molto il desiderato, non potuto offrire, e così troppe le conseguenze di dolore per la donna mia. E ora questo novello interesse per altra, certo non gradirebbe, sapendone, anche se nel luogo ove vero avverrà, si manifesterà, colpevole non potrà vederlo, lì non più possibile peccato alcuno, ma occasione di curiosità almeno, quando non di gioia, che dalle cose tutte del luogo le verrebbe! E quand'anche poca per la nuova, la tristezza, pur me ne resterebbe aumentato il fardello che di là con me portar devo, ché anche se non sa d’inganno il poco per lei, pur diventerebbe peso gravoso, solo con in più il novello innocente sentire, il già molto da farmi perdonare. Ma non è questa la possibilità che temo, è di più, distruggere il mio diritto al vero amore. Ma so cosa ne è rimedio. Talvolta è qui necessario rinunciare a un bene, e se questo è persona, lo si fa per evitarle un danno, a lei direttamente o ad altri a lei vicino, e avviene nella generosità che ce ne farà guadagnare l’incontro nella vita futura. Noi molto spesso disattendiamo le aspettative d’amore, dando assai poco, ma è talvolta la rinuncia che magnifica il poco e lo carica di una possibilità che dovrà pur esprimersi, che nulla nel bene perduto va, anzi deve far frutto. Ciò che accade giustifica la ricchezza con cui il pur poco offerto verrà ricambiato, ché dopo il perdono una azione di bene, or piccolo seme, molto darà, ma nella capacità che avremo di comprenderlo e questa ha qui le radici sue. Noi qui prepariamo la misura, non sempre la stessa per ognuno, ma capiente sempre da sopportare l’abbastanza o il molto che vi verrà versato. E la possibilità di trovarla soddisfacente sta, non solo per quanto facciamo per promuovere il bene, ma anche per ciò cui rinunciamo per persona più o meno cara, nota o quasi sconosciuta, sempre posponendo il proprio all'altrui bene. Insomma l’amore si guadagna nel luogo suo anche quando qui si perde, purché dal proprio sacrificio venga un bene per l’altro. Ma farlo richiede umiltà e questa va appresa da chi anche questa dà dall'amor suo attingendo. Non so se il possibile di tanta conseguenza è il poco della mia storia, piccola vicenda per piccolo uomo, ma so che l’amore appena, può accrescersi e venir ricambiato, ma richiede la comprensione del tanto che significa e reca, e questa è qui che si prepara, anche se avrà compimento futuro. E come? Amando una sola donna e rinunciando a chi s’affaccia a quest'amore, per non turbare chi già lo ricambia e non far danno alla novella. Solo così a quest'ultima, proprio dal rinunciatario, sarà anticipato un po’ di quel molto che avrà quando sarà la vera vita, speciale questo piccolo dono d’amore! Quella s’arricchirà anche di quei volti cari a cui qui ha dovuto rinunciare, persi sempre prematuri, ria la vita , o volontariamente dovuti negare al proprio affetto, e saranno queste presenze la sorpresa più bella nel luogo in cui tutto è di per sé bello!

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