Sapersi
vedere in chi ci accompagna o semplicemente ci sta per un po'
accanto, è come amarsi nell'altro. Perché? Intanto è far proprie
le sue pene, le sue gioie, le piccole o grandi sue necessità di
vita, le sue ansie e speranze perfino, se intuite o condivise. Allora
venirgli incontro in qualche misura, discreti, accorti a non
offendere la sua sensibilità, è venirsi incontro, provvedere anche
a se stessi. Perché tutto ciò che si supera, avversità concrete o
presunte, lor paure, debolezze, è come superarle anche per sé,
conquistando nuova sicurezza, nuove possibilità, dischiuse nella
serenità riguadagnata. Così ancora è per la gioia di essere,
avvilita dalle circostanze, che va ridestata in chi ci sta davanti,
anche col manifesto nostro interessamento per lui, e in noi col
sentirsi capaci di farlo. Infatti è come venir in contatto, nella
meraviglia, con un se stessi non conosciuto, dalle capacità
insospettabili, perché solo allora sperimentate nelle loro
possibilità di successo nel bene. Allora come non amare questo nuovo sé più
completo? È scoperto per l'altro e nell'altro, perché aiutarlo è
risvegliare quanto sopito o avvilito, già posseduto, cioè quanto
scopriamo di noi in fondo è già in lui, novità sconosciuta, comune
ad entrambi. Allora conoscerlo è conoscersi di più e meglio. È
come essersi conquistato nell'altro, essersi più umanizzato!
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